Verona, lega la figlia alla porta di casa e le taglia i capelli per impedirle di uscire con gli amici
1 magg – Le aveva legato la gamba alla porta per non farla uscire di casa. Le aveva tagliato i capelli, “umiliandola”. Era decisamente sui generis l’idea che il padre di 46 anni aveva del concetto di “punizione”. La giovane figlia, che all’epoca dei fatti contestati aveva 16 anni, andava male a scuola e così ci ha pensato lui. A suo modo. Peccato che per il giudice si trattasse di vera e prorpia “violenza privata” e per il pm anche di maltrattamenti in famiglia. Solo per la prima accusa l’uomo di origine albanese è stato condannato a sei mesi di carcere, dato che la seconda è caduta perché il fatto non sussiste.
A deporre contro il padre è stata anche la figlia, che ora ha 18 anni e con il quale viveva nella casa sul versante veronese del lago di Garda fino a maggio 2012. In realtà, dopo quegli episodi violenti, la ragazza ha confessato che l’adulto si era calmato e non aveva dato più segni preoccupanti.
Il 46enne aveva pensato bene di cambiare il suo metodo di studio tagliandole ciocche di capelli, legandole una gamba alla maniglia della porta per costringerla a rimanere in casa “a studiare” e sottraendole la sim-card del telefono cellulare per impedirle di chiamare gli amici e “distrarsi”. La ricostruzione è passata anche per quel preciso episodio, che risale al 5 maggio di due anni fa. Ovvero quando il padre era andato a riprendere la ragazzina che si era recata a scuola nonostante il suo divieto. L’aveva portata a casa e dopo aver sforbiciato la capigliatura aveva improvvisato anche un guinzaglio artigianale e poi se n’era andato. La figlia a quel punto, divincolandosi dalla corda, era riuscita a chiamare, con il numero d’emergenza, i carabinieri. E da lì sono nate le accuse. Come spiega il Corriere Veneto,
nel dare in aula motivazione contestuale della sentenza, il magistrato ha spiegato che «i comportamenti dell’imputato sono consistiti nell’aver sicuramente ecceduto in modo pregnante rispetto al proprio diritto dovere di correggere e disciplinare i comportamenti della figlia: se infatti – ha continuato il giudice Vacca – è del tutto lecito richiamare una figlia a un maggiore studio e impegno a scuola o magari vietarle di frequentare delle compagnie che si giudicano perniciose, sicuramente non sono ammissibili comportamenti censori che si attuino con il prenderla per i capelli e trascinarla fino a casa per impedirle di andare a scuola, il tagliarle i capelli e legarla con una corda a una maniglia della porta di casa per costringerla a non uscire, il sottrarle la scheda sim per impedirle di comunicare».
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