26 apr – Ebola, un comunicato di previsione della OMS informa che oltre la Guinea la febbre emorragica Ebola ha raggiunto altri 7 Paesi africani e l’espandersi dell’epidemia potrebbe protrarsi per almeno altri 4 mesi.
I dati relativi al progredire della malattia parlano di un aumento della mortalità in Africa che in 75 giorni risulta essere passata da 1 a 140 casi. Ogni 11 giorni, quindi, i casi si raddoppiano per cui trascorsi altri 11 giorni dovremmo aspettarci 280 casi. Dati probabilistici ma che dovrebbero essere attentamente monitorati per capire se l’epidemia sia sotto controllo o invece continui a progredire.
Il condizionale è d’obbligo in quanto in Italia fino ad ora, fatte salve rare eccezioni, nessuno ha informato su quanto stia avvenendo in Africa. Solo una circolare ministeriale del 4 aprile del Ministero della Salute che tratta del tema specifico, documento però “segretato” privando l’opinione pubblica di utili elementi di informazione, mentre la Sicilia e non solo, è destinata ad accogliere giornalmente migranti provenienti dall’Africa.
Il 16 aprile Paolo David informa che nella città non sono state “poste in essere misure di sorveglianza cautelative e di prevenzione adeguate” (http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=78423&idsezione=2) e si chiede quali siano i “provvedimenti adottati dalla Croce Rossa Italiana per verificare ed assicurarsi che nessuno dei 361 immigranti, ultimi sbarcati, sia portatore del virus Ebola”.
A fronte di queste ed altre denunce, le istituzioni rispondono solo con poche agenzie di stampa, scarni comunicati, peraltro raramente ripresi dagli organi di informazione nazionale. Il Ministero ci dice che “ il rischio di importazione dell’infezione in Italia è assolutamente remoto” e con una nota (TMNews – 19 aprile) comunica che ha fornito informazioni ed istruzioni agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera e a tutte le altre amministrazioni che si occupano dei migranti irregolari. Attraverso la stessa agenzia lo stesso Ministero rassicura anche che si fa carico di diffondere regolari aggiornamenti sulla situazione, in coerenza con quanto comunicato al riguardo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e con le valutazioni del Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC).
Ci dice inoltre che con riferimento specifico ad eventuali “rischi connessi ai flussi migratori irregolari, la durata dei percorsi che porta i migranti dai propri Paesi di origine all’Italia rende ancora remota la possibilità che l’eventuale insorgenza della malattia, che ha un periodo di incubazione massimo di ventuno giorni, si verifichi in Italia”. Specifica, inoltre “che la malattia da Virus Ebola non si trasmette per via aerea ma solo attraverso il contatto con malati e/o loro fluidi corporei e con i corpi e/o fluidi corporei di pazienti deceduti o, nei Paesi dove la malattia è presente, attraverso contatti stretti con animali selvatici vivi o morti. Al momento, l’Organizzazione mondiale della sanità continua a non ritenere necessarie restrizioni a viaggi o rotte commerciali”.
Notizie che da una parte rassicurano, anche se non esprimono garanzie “oltre ogni ragionevole dubbio” per la popolazione italiana, in particolare per coloro che vivono immediatamente a ridosso dei centri di prima accoglienza. Solo modeste assicurazioni di carattere sanitario derivate da una valutazione analitica del problema non del tutto condivisibile sul piano razionale.
Infatti, non è del tutto comprensibile l’affermazione che essendo la durata dell’incubazione al massimo di 21 giorni, si esclude la possibilità che la malattia possa manifestarsi in un migrante giunto in Italia. Non viene detto, però, quale garanzia si abbia che fra i 21.000 che sono sbarcati sulle coste italiane e molti dei quali ormai in giro per il nostro Paese e forse anche in Europa, al momento dello sbarco qualcuno non avesse incubata l’Ebola.
In particolare se fra le migliaia che sono arrivati in Italia in questi ultimi giorni, qualcuno non stia sviluppando l’incubazione del virus dopo essere stato contagiato anche solo il giorno prima della partenza, in uno dei campi di raccolta in Libia, da una poveretto proveniente da uno dei Paesi africani dove il trend della malattia è in crescita.
Una certezza che credo il Ministero della Salute non può ricavare solo attraverso un’analisi probabilistica basata su supposizioni, ma che per essere tale deve essere derivata da precisi protocolli di controllo sanitario da effettuare all’arrivo degli irregolari, immediatamente prima che qualcuno, come sta avvenendo, si allontani furtivamente dai centri di raccolta.
Solo in questo modo si garantirebbe una strutturata e programmata gestione del flusso migratorio e con elevata probabilità ottenere che non ci siano in giro portatori del virus.
Peraltro, le ipotesi ottimistiche del Ministero sono anche messe in discussione da altre notizie di stampa come quella del Corriere del Mezzogiorno che parla della morte di un giovane migrante di 24 anni ospite da tre giorni del Centro di Prima Accoglienza Umberto I di Siracusa arrivato in precarie condizioni di salute (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2014/15-aprile-2014/siracusa-giovane-morto-cpainterrogazione-salute-migrante–22376418760.shtml).
Il ragazzo, Ebrima Jaiteh, secondo Simona Moscatelli coordinatore del progetto Praesidium per l’Organizzazione internazionale per l emigrazioni di Roma informa che «sin dal momento dello sbarco era apparso in precarie condizioni di salute: oltre a presentare piaghe sul corpo, era in stato confusionale e – come raccontavano i compagni di viaggio – nel corso degli ultimi giorni della traversata aveva quasi totalmente perso la vista”.
Un evento drammatico che dimostra come le strutture di prima accoglienza non sono poi così idonee a riconoscere i bisogni primari dei migranti e tantomeno a valutare se qualcuno sia in procinto di conclamare una malattia come l’Ebola e diventare portatore di contagio.
Alle rassicurazioni poco convincenti del Ministero della Salute si aggiungono affermazioni forti come quella del Ministro degli Interni Angelino Alfano pronunciate recentemente in occasione di un’interrogazione presso la Camera dei Deputati, in risposta a precise contestazioni di Deputati della Lega.
“L’Italia è una grande democrazia che ha l’obbligo di garantire sicurezza e accoglienza. Non faremo morire le persone per voi, se voi volete la sicurezza ed i morti, noi vogliamo la sicurezza ed i vivi. Questa è la differenza tra una democrazia occidentale ed una repubblica delle banane”. (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2014/16-aprile-2014/immigrazione-alfano-problema-strutturale-non-piu-emergenziale-22382556678.shtml
Affermazioni assolutamente condivisibili, ma che imporrebbero di garantire ai cittadini italiani con altrettanta determinazione la dovuta sicurezza sanitaria. In particolare precise informazioni su eventuali rischi di contagio per tutte le possibili malattie endemiche nelle zone di provenienza dei migranti, in particolare l’Ebola in pericolosa espansione e sulla certezza che tutti i circa 22.000 migranti ormai sbarcati sulle nostre coste siano stati sottoposti a screening puntuali per verificare che non avessero incubata la malattia.
Peraltro è stimato, che ad oggi circa 2700 immigrati si sarebbero allontanati dalle strutture di accoglienza per cui sarebbe altamente auspicabile che le Istituzioni fossero in grado di informare su quale sia il rischio che qualcuno di costoro possa avere la malattia incubata, escludendo nel contempo che persone ora in giro per l’Italia possano essere in procinto di manifestare i sintomi dell’Ebola.
Quali siano poi gli efficaci e specifici accertamenti sanitari che si dice siano stati posti in essere a bordo dei nostri mezzi navali è difficile immaginarlo, senza una puntuale informazione. Nel caso specifico dell’Ebola, infatti, risulta che solo poche strutture in Europa sono in grado di applicare protocolli in grado di dare risposta immediata ed affidabile agli accertamenti diagnostici.
Anche in questo caso, come in un recente passato, si sta superando quella che potremmo chiamare la soglia dell’assurdo. O si genera allarmismo come nel caso dell’influenza avaria spendendo milioni di Euro per la fabbricazione di vaccini la maggior parte poi non utilizzati o, peggio, si tace un pericolo per non indurre preoccupazione o allarmismo. Non si ritiene che questo sia il modo più efficace per tutelare i propri cittadini ed eliminare il rischio del possibile verificarsi di una catastrofe.
Sarebbe, infine, interessante sapere se almeno gli operatori addetti a gestire gli immigrati sono stati informati a riconoscere e fronteggiare eventuali casi sospetti e se fra coloro che operano a Siracusa ci sia qualcuno, medico o paramedico, in grado di certificare con certezza che le piaghe che sembra siano state riscontrate sul corpo di Ebrima Jaiteh, possano o meno essere collegabili anche come sola ipotesi, alle lesioni cutanee tipiche dell’Ebola.
Ancora una volta, quindi, gli italiani sono oggetto dell’oscurantismo più completo che sicuramente non li tutela e dal quale permea un management molto approssimativo nella gestione dei flussi migratori, con il rischio che nel caso specifico alcuni Paesi europei potrebbero essere indotti a sospendere Schengen ed imporre a tutti coloro che provengono dall’Italia controlli sanitari specifici, già in atto in molti aeroporti europei dislocati lungo le rotte di provenienza africana.
Sicuramente la nostra tradizione culturale, etica e religiosa ci porta a differenziarsi da quella che l’Onorevole Alfano chiama “Repubblica delle banane”, ma se continuiamo ad improvvisare piuttosto che a programmare escludendo la popolazione dal flusso comunicativo pregio di qualsiasi democrazia evoluta, il gap di differenziazione sarà destinato a ridursi sempre di più.
E’ un segnale di civiltà e generosità quello di voler assolutamente difendere la vita di centinai di disperati, ma nello stesso tempo non si può dimenticare di tutelare i diritti dei propri cittadini, primo fra tutti quello della salvaguardi della salute, un obbligo per lo Stato previsto anche dalla Costituzione.
Fernando Termentini, 23 aprile 2014 – ore 14,30
[box type=”bio”] Ho frequentato l’Accademia Militare e lavorato come Ufficiale dell’Arma del Genio per 40 anni. Ho partecipato a missioni di Peace Keeping in Somalia, Bosnia, Mozanbico e quale esperto nel settore della bonifica dei campi minati e degli ordigni esplosivi in Kuwait, Bosnia, Pakistan per l’Afghanistan in occasione della Operation Salam. Una volta congedato ho fornito consulenza nel settore della bonifica ad ONG ed alle Nazioni Unite[/box]