Gianluigi Bettin e don Paolo Giulietti
La via di Francesco
Casa editrice San Paolo)
Un unico cammino sui passi di San Francesco che da nord e da sud raggiunge Assisi. Un pellegrinaggio per entrare in contatto con la sua straordinaria esperienza di vita, che non smette di affascinare e di interrogare gli uomini di ogni tempo.
Paolo Giulietti, classe 1964, è da vent’anni prete della diocesi di Perugia, dove svolge il servizio di vicario generale. Dal 2001 al 2007 è stato responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della CEI. La passione per il pellegrinaggio l’ha portato più volte in cammino a Santiago, a Roma, a Gerusalemme, a Loreto e in tante altre destinazioni sacre d’Italia e d’Europa. Dal 1996 è assistente spirituale della Confraternita perugina di San Jacopo di Compostella, che da oltre trent’anni promuove il pellegrinaggio e assiste i pellegrini nei suoi hospitales lungo il Camino Francés, la Via Francigena e ora anche la Via di Francesco. Ha pubblicato per Terre di Mezzo A piedi a Gerusalemme, una guida per il pellegrinaggio in Terra Santa. È presidente del Consorzio Umbria & Francesco’s Ways, nel quale cura soprattutto la fedeltà ai contenuti spirituali e culturali della Via di Francesco.
Gian Luigi Bettin, classe 1975, curioso di tutto ciò che è sulla terra, per i primi trent’anni della sua vita ha fatto suo il motto “il mondo è un ponte, attraversalo ma non costruirci la tua casa sopra”, letto su una moschea durante un viaggio in India. Ha viaggiato molto, ma il suo carattere mutevole, e una buona dose di epicureismo, lo hanno portato a “sistemarsi” in Umbria, da dove, da solo e con amici, parte per continue spedizioni a piedi in Italia e all’estero. Da circa cinque anni lavora come consulente di turismo per enti pubblici, Comunità montane e Consorzi. Ha collaborato ad alcune pubblicazioni sul territorio della Valnerina, e dal 2009 fornisce il suo contributo alla promozione e tutela della Via di Francesco.
INTERVISTA A DON PAOLO GIULIETTI, MARTEDI’ 22 APRILE 2014 (a cura di Luca Balduzzi)
Quando sono nati i Cammini di San Francesco?
La prima idea risale agli anni ’80, relativamente al tratto Assisi-Gubbio: dopo un lungo cammino di riflessione e preparazione, nel 1995 è stata pubblicato il “Documento di Valfabbrica”, che rimane un punto di riferimento per ogni successivo sviluppo; infine nel 2000 ha visto la luce il “Sentiero francescano della pace”, che ripercorre in 50 km il viaggio del Poverello dopo la sua spoliazione (1206). Quasi contemporaneamente, nel 2002, sono nati il “Cammino di Francesco”, nella valle santa reatina, ad opera dell’APT di Rieti, e il “Sentiero francescano degli ulivi”, da Spoleto ad Assisi, ad opera del CAI di Spoleto e di Foligno.
Il merito di aver accreditato l’idea di un “Cammino di Francesco” unitario va però ascritto ad Angela Seracchioli, che nel 2004 pubblica per Terre di Mezzo la guida Di qui passò Francesco: in essa si delinea un percorso da La Verna a Greccio, che armonizza i tracciati precedenti (ed anche sentieri CAI) con tratti nuovi, per dar luogo ad un percorso con una propri identità. Si tratta di un percorso non storico, ma tematico, costruito attorno all’esperienza spirituale di San Francesco. L’idea ha avuto notevole successo, tanto che la guida è giunta in pochi anni alla quinta edizione.
Ovviamente, lo sviluppo dei percorsi francescani non si è arrestato: negli anni dal 2005 al 2012 sono nati parecchi percorsi, anche a carattere transnazionale e interregionale, ispirati al poverello e volti ad Assisi o ad altri luoghi-simbolo del francescanesimo. Diciamo che tale proliferazione era da attendersi, una volta passata l’idea della possibilità di costruire itinerari a come collegamenti tra punti tematici di interesse; diversamente da quanto accade per le vie storiche di pellegrinaggio, in cui la delineazione del percorso risponde a precise regole di ricerca storica e topografica.
Il progetto più significativo è quello che, nel 2008, ha visto coinvolte la Regione Umbria, l’Opera Romana Pellegrinaggi, alcune Diocesi umbre e le Famiglie Francescane: la “Via Francigena di San Francesco”. Tale operazione, al di là della denominazione del percorso, del tutto indebita, e di alcune discutibili scelte di tracciato (ad esempio il passaggio da Perugia), ha avuto il merito di segnalare in modo chiaro l’itinerario e –soprattutto- di riportare in capo alle istituzioni civili e religiose la gestione di un bene che appartiene alla comunità locale e che veicola idee e valori tutelati dalla comunità ecclesiale.
Nel 2011 è nato, sulla scorta del bando regionale Tac2, il Consorzio “Umbria & Francesco’s Ways”, in collaborazione con le associazioni di categoria e la Conferenza Episcopale Umbra, che si è assunto il compito di promuovere la Via di Francesco. Ne sono nate una guida (La Via di Francesco, Edizioni San Paolo, prossima alla seconda edizione) e tutta una serie di iniziative promozionali.
Come si articola il Cammino che prendete in esame nel libro? Quali sono i luoghi maggiormente rappresentativi della vita di San Francesco toccati da questo itinerario?
Il percorso è concepito come due itinerari convergenti su Assisi: quello del Nord, con partenza da La Verna, quello del Sud con partenza da Greccio. Entrambi interessano “luoghi” francescani di grande importanza e suggestione: La Verna, Montecasale e Gubbio al nord; la Valle Santa reatina, Monteluco e Le Carceri al sud. Ma ci sono molte memorie “minori” della presenza francescana in Umbria inserite nei due itinerari.
Perché scegliere di visitare attraverso l’esperienza del Cammino un insieme di luoghi anche molto distanti fra loro e per cui si potrebbe preferire l’accessibilità con altri mezzi?
Il pellegrinaggio a piedi non è un semplice espediente turistico: è invece la ricerca di vivere un’esperienza coinvolgente la totalità della persona, che si mette in gioco nel contatto lento e faticoso con le memorie della fede, l’arte, il creato e le persone che incontra lungo il percorso. Chi intraprende un pellegrinaggio, in fin dei conti, si attende di tornare in qualche modo cambiato.
Che cos’è il Testimonium Viae Francisci?
È un documento che attesta il fatto di aver percorso almeno 75 km a piedi per arrivare ad Assisi. È esemplato sulla celeberrima Compostela, che viene rilasciata a Santiago ai pellegrini che hanno raggiunto a piedi la tomba dell’apostolo Giacomo. Una volta simili documenti avevano valore canonico o legale: attestavano infatti il compimento di una penitenza o di una sentenza; oggi servono più che altro come ricordo di un’esperienza di grande significato spirituale.
Quali dunque, gli atteggiamenti distintivi del Cammino da suggerire ai turisti e ai visitatori?
Distinguerei tra pellegrini e turisti: ai primi suggerisco di aprire la mente e il cuore all’esperienza del cammino, anche attraverso la lettura delle Fonti Francescane, perché possano compiere quel “percorso interiore” che è il frutto più autentico e prezioso di ogni pellegrinaggio. Agli altri suggerisco di accostarsi al Cammino con la consapevolezza che non si tratta solo di uno straordinario insieme di emergenze storico-artistiche ed ambientali, ma che è una realtà viva, dove tanti uomini e donne seguono ancora San Francesco nei conventi fondati da lui, e dove un numero ancora maggiore di persone cammina per scoprire significati importanti per la propria vita. Solo un turista intelligente e “pensoso” può apprezzare appieno ciò che la Via di Francesco può offrire.
Perché il messaggio di San Francesco è ancora attuale?
San Francesco è attuale e “popolare” perché la sua vita dice ancora oggi che seguire Cristo in fedeltà al Vangelo conduce ad una profonda armonia con se stessi, con le altre persone, con gli altri essere viventi e con l’intera creazione. In epoca di emergenze ambientali e umanitarie, la figura di Francesco indica un’alternativa affascinante e praticabile, anche per le persone che non hanno il dono della fede.