I nomadi: “Vogliamo le case”. “Chiudete i campi, sono uno spreco”

nomadi11 apr  – “Chiudere i campi “nomadi” a Roma, fermare il progetto di rifacimento del “villaggio attrezzato” di via della Cesarina e riconvertire le risorse economiche in progetti di reale inclusione sociale dei rom

. È l’appello rivolto a Ignazio Marino, in occasione della Giornata Internazionale del popolo rom da undici organizzazioni della società civile che chiedono al sindaco della Capitale di cogliere un’occasione storica per cambiare finalmente rotta nelle politiche verso i rom”.

“La Giunta da Lei presieduta ha l’opportunità concreta di avviare questo processo, tanto rivoluzionario quanto urgente, per i rom e per la nostra città – inizia la lettera al sindaco, intitolata ‘Chiudere i campi nomadi a Roma, sostenere la città’, firmata da Amnesty International Italia, Associazione 21 luglio, ATD Quarto Mondo, Bottega Solidale, Casa dei Diritti Sociali, Cittadinanza e Minoranze, Osservatorio sul Razzismo e le Diversità “M.G. Favara” – Università Roma Tre, OsservAzione, Popica Onlus, Rete Territoriale Roma Est”.

“Negli ultimi mesi l’impegno dell’Amministrazione Comunale – scrivono le organizzazioni – si è concentrato sul rifacimento ex novo del nuovo ‘villaggio attrezzato’ di via della Cesarina il cui costo, secondo le stime, dovrebbe essere superiore a 1 milione di euro. Le 137 persone che dovranno abitarlo sono state momentaneamente accolte nel ‘Best House Rom’ di via Visso, una struttura convenzionata con il Comune di Roma ma priva dei requisiti strutturali e organizzativi minimi prevista dalla normativa vigente e nel quale ogni famiglia dispone di una stanza di 12 mq priva di finestre e di luce naturale. Per una famiglia rom di 5 persone si può stimare, sommando le spese per l’accoglienza nel Best House Rom a quelle per il rifacimento del campo, una spesa superiore ai 60 mila euro”.

“La scelta dell’Amministrazione – prosegue la lettera delle organizzazioni – ci sembra assolutamente sbagliata per due motivi». In primo luogo perché con essa si «intende reiterare quella politica di segregazione dei rom nei campi nomadi che negli ultimi trent’anni ha contraddistinto la città di Roma». La seconda ragione, ‘riguarda un tema centrale, che coinvolge tutta la cittadinanza, ovvero quello dell’efficacia della spesa pubblica’”.

“Occorre tra l’altro notare – sottolineano le organizzazioni firmatarie – come la segregazione dei rom, attraverso l’individuazione di ‘campi nomadi’ come unica soluzione abitativa riservata alle famiglie rom indigenti, vada di pari passo con la loro esclusione sociale e il mancato accesso alle “case popolari” che permetterebbero la loro integrazione. Si tratta di due facce della stessa medaglia, coniata dalla precedente giunta capitolina e poi fatta propria dall’attuale”.

“Per questo viene chiesto al primo cittadino una svolta epocale con la richiesta esplicita di impedire la rinascita del campo della Cesarina riconvertendo ‘l’ingente somma economica già impegnata per l’accoglienza dei 137 rom nel Best House Rom e il rifacimento in progetti di inclusione sociale che, alla luce della sua entità, possano interessare, oltre alle famiglie rom anche altre fasce della popolazione romana in disagio abitativo’.

Le organizzazioni firmatarie non chiedono alcun trattamento preferenziale per i rom, ma l’utilizzo delle risorse a disposizione per finanziare politiche abitative che provvedano alle esigenze di tutte le famiglie che si trovano in stato di bisogno, indipendentemente dalla loro etnia”.
“Dalle parole è il momento di passare ai fatti – afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio -. Oggi i rom non hanno bisogno di cerimonie ma di scelte politiche che cambino la loro condizione di vita accompagnandoli fuori dai campi. Se gli amministratori romani dicono di voler superare i campi questo è il momento di farlo. Continuare a sperperare denaro pubblico nella costruzione di ghetti etnici è inaccettabile mentre è giunto il momento di voltare pagina guardando con coraggio alle tante buone pratiche che in Italia e all’estero hanno dimostrato come l’inclusione dei rom, oltre ad essere possibile e auspicabile, comporterebbe un importante risparmio di denaro pubblico”. asca

 

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