Nella ricostruzione fatta dal giornalista americano che vinse il premio Pulitzer nel 1970 per il reportage sul massacro di My Lai del marzo 1968 durante la guerra del Vietnam, in cui le forze armate americane uccisero deliberatamente almeno 109 civili, l’attacco dell’agosto con il sarin fu, in sostanza, una trappola preparata apposta per Washington che, solo all’ultimo momento, si accorse di come stavano le cose e annullò l’ordine di attacco.
Era la fine del 2012 quando l’intelligence americana si convinse che i ribelli siriani stavano ormai perdendo la guerra. Un esito inaccettabile per il premier turco Recep Tayyip Erdoğan che i ribelli aveva sostenuto politicamente e, cosa più importante, economicamente. E a questo punto sarebbe maturata la decisione di trascinare nel conflitto gli Usa, gli unici in grado di capovolgere l’esito della guerra.
La politica del presidente Obama era però chiara, c’era un limite preciso che Assad avrebbe dovuto superare per scatenare l’intervento degli Stati Uniti, e quel limite non era stato passato. L’utilizzo di armi chimiche avrebbe però segnato il salto di qualità in grado di far alzare in volo i bombardieri a stelle strisce.
Così ad Ankara maturò la decisione di far utilizzare ai ribelli le armi chimiche di cui erano già in possesso, realizzate anche con l’aiuto turco, e addossarne la responsabilità ad Assad. L’attacco andò in scena il 21 agosto.
Un’operazione apparentemente ben congeniata. Al punto che navi e aerei americani erano già stati dislocati in modo da colpire Damasco. Persino la data dell’attacco era pronta, gli Usa avrebbero colpito la Siria la mattina del 2 settembre, un lunedì. All’ultimo momento però il presidente Obama, informato della reale situazione e delle responsabilità turche e dei ribelli, fermò l’attacco. Era il 31 agosto.
Quel giorno Obama, che non poteva ammettere di essersi sbagliato asserendo che Assad era l’unico in Siria ad essere in possesso di un arsenale chimico, e non potendo accusare apertamente Ankara, alleato Nato, si smarcò chiedendo un voto del Congresso per dare il via libera all’operazione. Nel frattempo prese corpo l’accordo orchestrato insieme al presidente russo Vladimir Putin in cui Assad prometteva di consegnare il suo arsenale chimico per farlo distruggere. Accordo che, disarmando il presidente siriano, smontava le condizioni per cui Washington avrebbe di nuovo corso il rischio di trovarsi in una situazione simile.
Il testo integrale (in inglese) dell’inchiesta di Hersh. – http://www.rainews.it