10 mar – Continuano le polemiche riguardanti i sette milioni di euro di buonuscita assegnati all’ingegnere Giovanni Mazzacurati, direttore e poi presidente del Consorzio Venezia Nuova fino a pochi mesi fa. Una cifra molto elevata, che non ha mancato di causare mugugni bipartisan anche dai gruppi politici. Naturalmente essendo un organismo privato il Consorzio ha facoltà di assegnare cifre del genere come buonuscita, calcolate in base agli anni (trenta) in cui Mazzacurati è stato dirigente e poi presidente del sodalizio. Nei giorni scorsi, dunque, la votazione del Consiglio di amministrazione e l’ufficialità della buonuscita dell’ingegnere, calcolata avvalendosi delle indicazioni di studi legali e consulenti.
Lunedì mattina il presidente della Regione Luca Zaia ha voluto tornare sull’argomento, sottolineando come queste “sono partite che, onestamente e obbiettivamente, riguardano il mondo del privato”. Ma il governatore non nasconde che sette milioni di euro sia una cifra che non può lasciare indifferenti. “Certo è che, mettendomi nei panni di un lavoratore che guadagna mille euro al mese e che legge di una liquidazione come questa, sicuramente qualche pensiero può venire in mente”, ha dichiarato, spiegando però che in questo tipo di contratti si potrebbe solo prenderne atto. Mani legate, dunque. Almeno secondo Palazzo Balbi.
Anche la politica veneziana ha voluto alzare la voce, da più parti. Anche perché Giovanni Mazzacurati alcune settimane dopo le sue dimissioni da presidente del Consorzio venne arrestato con l’ipotesi di reato di turbativa d’asta. Secondo il Partito democratico lagunare questa buonuscita sarebbe “scandalosa”. Ma anche Fratelli D’Italia e Movimento Cinque Stelle puntano il dito sul fatto che l’associazione di imprese è nata per la costruzione del Mose, opera pubblica.
Secondo il consigliere Pd Jacopo Molina, si avrebbe operato quindi in regime di monopolio senza necessità di attività imprenditoriale (visto che i soldi vengono stanziati dallo Stato). Polemiche rinfocolate come detto anche da Fratelli D’Italia e Movimento Cinque Stelle, che si sono chiesti con quei soldi quante altre azioni a favore di Venezia e della sua manutenzione si sarebbero potute portare avanti.
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