28 febbr – E’ stata il regno del caos la maxi aula bunker delle Vallette di Torino, dove oggi il processo a carico di una cinquantina di attivisti No Tav è stato dominato per almeno venti minuti dalle grida e dalle parole di decine di imputati. , fino a quando gli imputati e il pubblico hanno deciso di abbandonarla in segno di protesta.
Tutto è iniziato in apertura di udienza. Circa trecento antagonisti, tra cui molti anarchici, dopo l’identificazione sono entrati in aula, dietro le sbarre dell’area riservata al pubblico. Hanno esposto bandiere No Tav. La protesta è partita dopo, dai banchi dove si trovavano gli imputati. Uno di loro, Lorenzo Minani, si è alzato e ha letto, in suo nome e in nome di Giorgio Rossetto, imputato, leader dell’autonomia torinese, un documento di revoca dei legali di entrambi.
“Con tutto il rispetto per i nostri legali – ha dichiarato – revochiamo definitivamente, salvo un reale cambiamento di atteggiamento della corte, gli avvocati che ci hanno assistiti dal nostro arresto”. “In questo processo la difesa – aveva detto prima – viene azzerata e svilita. Le parti civili recitano parti ambigue. E contestiamo l’etichetta di pericolosi socialmente che ci hanno affibbiato. Il discorso non e’ violenza si o violenza no, ma contro cosa si resiste a cosa ci si oppone”. “Quando nomineremo gli avvocati d’ufficio – ha concluso – sappiate che parleranno per voi e non per noi”.
“Questo processo sin dai suoi esordi – ha dichiarato poi un altro imputato – si è palesato non come un dibattimento volto all’accertamento dei fatti e a stabilire eventuali responsabilità, ma come un dibattimento a senso unico, quello della procura torinese, in totale assenza di arbitri imparziali”. “Per questo motivo siamo giunti alla conclusione che qualsiasi sforzo generoso da parte dei nostri difensori sarà sempre vanificato dal clima di ostilità che si respira in quest’aula. Pensavamo di essere processati per ipotesi di reato, ma ci siamo accorti nel corso del procedimento che siamo processati non per quello che potremmo aver fatto ma per quello che siamo”.
“Per queste ragioni – ha proseguito – abbiamo deciso di disertare questo processo. Abbandoniamo quest’aula, lasciandovi liberi di sperimentare i nuovi metodi di procedura legale da usarsi contro il movimento No Tav e ce ne andiamo in Val Clarea, luogo simbolo della nostra resistenza alla devastazione della Val Susa, per testimoniare ancora una volta la nostra determinazione e il nostro impegno in questa lotta”.
Un terzo comunicato è stata letto da Fabrizio Maniero, imputato. Quando si è alzato in piedi, i pm Antonio Rinaudo e Nicoletta Quaglino hanno ricordato che non si possono leggere comunicati ma che agli imputati è consentito solo rendere spontanee dichiarazioni. A quel punto sia Maniero che altri anarchici imputati si sono messi a gridare insulti nei confronti dei magistrati. “Possiamo sapere chi sono le persone che si stanno rivolgendo al pm in questo modo?”, ha detto Quaglino. “Stai zitta, venduti, ci dovete fare parlare, zitti!”, hanno continuato a gridare gli anarchici. Maniero ha iniziato quindi la lettura di un comunicato No Tav, e l’ha proseguita fino al fondo tra le urla.
Alcuni carabinieri si sono avvicinati al gruppo quando alla fine il giudice Bosio ha fatto ai militari un gesto con la testa indicando loro di far interrompere la lettura. Ma era troppo tardi, il documento era già stato letto, come quelli precedenti, e dopo 30 minuti di gazzarra imputati e pubblico hanno lasciato l’aula urlando vari slogan tra cui “Liberi tutti” e “Sabotare è bello”, “La ValSusa non si ferma”. L’udienza e’ stata sospesa. tiscali