27 feb 2014 – Il ”mostro” della burocrazia negli ultimi dieci anni ha ”divorato” 100 mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei tremendi costi e della farraginosita’ dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Un dazio che all’agricoltura costa oltre 7 miliardi l’anno: per la singola azienda equivale a due euro per ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno.
Questi – si legge in una nota – alcuni dei primi dati di un’indagine che sono stati presentati a Roma nel corso della VI Assemblea elettiva della Confederazione italiana agricoltori (Cia). La burocrazia ne emerge come un ”carico asfissiante” che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre nei 365 giorni materiale burocratico cartaceo il quale, messo in fila, supera i 4 chilometri e ha un peso che sfiora i 25 chili. Non basta. Occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo puo’ assolvere da solo e, quindi, nel 65 per cento dei casi e’ costretto ad assumere una persona che svolge questa attivita’ o, per il restante 32 per cento, a rivolgersi a un professionista esterno, con oneri facilmente immaginabili.
Secondo la Cia, il 30 per cento dell’aggravio economico burocratico e’ addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Cifre che diventano ancora piu’ macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria del nostro Paese, che spende in burocrazia la bellezza di 61 miliardi di euro l’anno. Un costo che, ridotto del 25 per cento, comporterebbe un aumento del Pil dell’1,7 per cento. asca