Maria Bottiglieri
La santità di Giovanni Paolo II
Casa editrice Anordest
Alle 21 e 37 del 2 aprile 2005, giorno della Divina Misericordia, festività da lui istituita, Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Il 27 aprile 2014, giorno della Divina Misericordia, Giovanni Paolo II sarà proclamato santo. La vita di Karol Wojtyla è stata decisamente sopra le righe. La sua santità, paradossalmente, invece che allontanarlo ulteriormente dalla gente comune, contribuisce ad avvicinarvelo perché ha posto l’accento su una dote che è alla portata di tutti gli uomini di buona volontà: la capacità di compiere bene il proprio dovere. Con la sua canonizzazione, infatti, la Chiesa dice ai fedeli che la santità non gli è stata riconosciuta perché ha compiuto atti storicamente straordinari, ma perché ha saputo essere “straordinario nell’ordinario”, perché è stato perseverante nel compimento dei propri doveri quotidiani di figlio, di amico, di studente, di operaio, di polacco, di seminarista, di sacerdote, di vescovo, di pontefice. Ed è per questa caratteristica che ora Karol Wojtyla è proposto come esempio da imitare, venerare e invocare.
INTERVISTA A MARIA BOTTIGLIERI, DOMENICA 16 FEBBRAIO 2014 (a cura di Luca Balduzzi)
Domenica 27 aprile la Chiesa cattolica proclamerà santo Papa Giovanni Paolo II. Curiosamente, in quella stessa Festività della Divina Misericordia da lui istituita, e in cui è scomparso nell’aprile del 2005…
Non si tratta di una curiosità ma di destino, per chi è ateo, o di Provvidenza, per chi è credente.
Uno degli aspetti centrali della pastorale di Giovanni Paolo II, forse il cuore della sua eredità spirituale, è proprio la riflessione sul “Perdono dato e ricevuto” e sulla Misericordia di Dio, a cui ha dedicato l’Enciclica “Dives in misericordia” (Ricco di misericordia) nel 1980, e ben due messaggi per la Giornata della Pace (qui mi piace ricordare quello dell’1 gennaio 2002: Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono, scritto a pochi mesi dalla tragedia dell’11 settembre)
In questo, mi sembra ci sia una forte continuità spirituale tra Giovanni Paolo II e Papa Francesco, che ancora oggi ama ripetere: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia.
Durante il suo pontificato Papa Giovanni Paolo II ha proclamato beati o santi molti uomini e donne spesso ancora vivi nella memoria dei loro concittadini, o addirittura con familiari ancora in vita. Un modo differente di intendere la “santità”, che si rispecchiava nelle caratteristiche della sua figura e del suo magistero…
Giovanni Paolo II è in effetti il pontefice che ha riconosciuto più santi nella storia della Chiesa: 1338 santi e 482 beati, più di quanti ne abbiano proclamati complessivamente i suoi predecessori dalla fine del XVI secolo.
Il pontefice ha cambiato sia la “geografia” della santità, dichiarando santi numerosi fedeli delle Chiese giovani (Asia, Africa, Americhe), sia la sua “sociologia”, affiancando ai religiosi e ai chierici, che storicamente costituivano il prototipo del santo cristiano, figure inedite per l’agiografia cristiana: coppie di sposi, schiave, zingari, studenti universitari, medici, vittime dei campi di concentramento. Giovanni Paolo II ha saputo individuare la santità nelle più diverse condizioni di vita, sottolineando come questa non sia fatta necessariamente di prodigi, sapienza, miracoli ed estasi, ma soprattutto di aspetti quotidiani, domestici, casalinghi.
Il “fiuto” di Giovanni Paolo II per la santità dipendeva chiaramente dalla sua statura spirituale (chissà: forse “un santo” riconosce più facilmente i suoi simili!) ma la Sua idea di santità non è per nulla distante o differente dagli insegnamenti della Chiesa a riguardo. Già Pio XII evidenziava che «non nelle cose straordinarie consiste la santità, ma nelle cose comuni non comunemente adempiute». E il Concilio Vaticano II ha ulteriormente spiegato che la santità è la caratteristica di tutto il Popolo di Dio, sacerdoti, laici, religiosi: «Tutti sono chiamati alla santità». La santità quindi non è una meta lontana, ma la “misura” dell’esistenza cristiana e non implica affatto una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni «geni» della santità (come ebbe ad affermare lo stesso Giovanni Paolo II).
Ci sono associazioni di laici credenti, come l’Azione cattolica, che hanno addirittura inserito l’obiettivo di santificazione dei suoi membri nel proprio Statuto! Questo significa che ogni associato è accompagnato ed educato a compiere bene il proprio dovere nelle situazioni in cui si trova.
Non si tratta di banalizzare il concetto di santità, perché se ci guardiamo intorno, ci rendiamo conto che chi nella sua vita sceglie la via della santità, cioè il compiere bene il proprio dovere, è già controcorrente rispetto ai contro-valori oggi dominanti.
Quali testimonianze della “santità” di Papa Giovanni Paolo II ricorda nel suo libro?
Nel libro ho riportato le testimonianze di chi ha avuto la grazia di poter far parte della sua vita per lunghi o brevi periodi. Da questi racconti evince la forte spiritualità del pontefice e le sue molteplici “virtù”: si tratta di episodi raccontati da suoi compagni di scuola, del seminario, padri conciliari o personale del suo seguito. Si tratta di racconti che ho tratto da quelli, più numerosi e dettagliati, pubblicati dal suo ex segretario, l’attuale Card. Stanislao Dziwisz di Cracovia e delle testimonianze raccolte durante il processo di beatificazione dal postulatore della causa, Mons. Slawomir Oder (anch’esse raccolte in un bel libro di qualche anno fa).
Ho aggiunto a quelli i miei ricordi personali. Preciso subito che, a differenza di chi ha avuto l’onore e la grazia di avere avuto con Giovanni Paolo II un rapporto “individuale” e continuativo, io ho avuto solo incontri sporadici e “comunitari”, nel senso che gli episodi narrati sono stati vissuti insieme ad altri: amici, familiari, associazioni, o fedeli. Si tratta di ricordi, cioè, di cui io non ho “l’esclusiva”. Ma credo che sia questo il bello della santità: immettere le biografie personali nella storia (e nella storia della Chiesa), affinché il ricordo di quella persona, di quel santo, non “appartenga” più solo a coloro che gli son stati vicini o familiari in questa vita, ma diventi un bene comune e condiviso dall’intera comunità cristiana. La biografia cioè diventa non solo agiografia ma “memoria collettiva”, quasi un memoriale.
Sono rimasta colpita ad esempio, dai tanti che, dopo aver letto il mio libro, mi hanno chiamata per raccontarmi, con entusiasmo, dei “loro” ricordi di Giovanni Paolo II: attimi, ore o giorni in cui hanno incontrato questo pontefice. Ognuno di loro potrebbe scriverne un libro, fatto di fede, speranze, emozioni, umanità, spiritualità… cose che vanno ben al di là del semplice interesse storico.
Che cosa ha fatto sì che la canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II possa avvenire a meno di dieci anni dalla sua morte? Di sicuro, è stata immediata la sua fama di santità…
La fama di santità è un “segno non necessario della santità” sotto il profilo teologico, ma è essenziale per avviare l’inchiesta canonica. Essa consiste nell’opinione diffusa tra i fedeli circa la purità e l’integrità di vita del Servo di Dio e circa le virtù da lui praticate.
Questo significa che un fedele può essere benissimo santo senza aver avuto mai fama di santità. In questo caso sicuramente non potrà essere canonizzato, ma nulla impedisce che in paradiso sia “al di sopra” dei santi canonizzati.
Nel caso di Giovanni Paolo II la fama di santità è stata immediata, come attestano gli striscioni “santo subito” che si sono visti sfilare in piazza San Pietro il giorno del suo funerale.
In realtà le numerose richieste di intercessione che gli arrivavano in vita, e di cui lui teneva conto nella sua preghiera quotidiana, indicano che già prima di morire era ritenuto particolarmente vicino a Dio, dunque in odor di “santità”.
Credo che siano queste le ragioni a far si che il vicario di Roma, l’allora Card. Ruini, chiedesse a Benedetto XVI una dispensa per avviare il processo di beatificazione prima dei tempi stabiliti dal diritto canonico, dispensa che fu concessa il 28 aprile successivo alla morte, avvenuta il 2 aprile 2005.
Quali sono i due miracoli che vengono attribuiti a Papa Giovanni Paolo II?
Le grazie e i miracoli che sono stati segnalati alla postulatura della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II sono stati davvero numerosi: prevalentemente si iscrivono alla categoria delle guarigioni. Tra i tanti, ve ne sono due che sono stati esaminati con particolare cura: il primo è stato fondamentale per consentire la beatificazione, il secondo per consentire la canonizzazione del pontefice.
Nel primo caso si tratta di una suora guarita istantaneamente e inspiegabilmente dal Parkinson, la stessa malattia di cui era affetto anche Giovanni Paolo II: si tratta di Suor Marie Simon-Pierre, dell’Istituto delle Piccole Suore delle Maternità Cattoliche di Nivolas-Vermelle (Sud della Francia), infermiera addetta al reparto di neonatologia di una clinica nei pressi di Aix-en-Provence.
Nel secondo caso, si tratta della guarigione inspiegabile di Floribeth Mora Díaz, 50 anni, sposata e madre di 4 figli, a cui era stata diagnostica nell’aprile 2011 la rottura di aneurisma fusiforme dell’arteria cerebrale media destra con emorragia sub aracnoidea. La guarigione è avvenuta il 2 maggio 2011, giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II
E’ interessante evidenziare che entrambe le miracolate siano state due donne, una religiosa, nel primo caso, e una madre di famiglia nel secondo; una donna europea, la prima, e una sudamericana, la seconda. E’ come se la Grazia avesse ripercorso le strade del Pastore itinerante, del Pontefice che ha attraversato i continenti per confortare, esortare e restituire dignità a milioni di uomini e donne.