Alle banche europe servono oltre 3400 mld di dollari, il sistema non puo’ sopravvivere

bank13 febbr – Un servizio che pubblica l’agenzia Eir questa settimana torna ad accendere i riflettori sul crollo dei mercati emergenti, un fenomeno niente affatto isolato, anzi – scrive l’agenzia – è sistemico. E’ un crollo sistemico perché – spiega il servizio – non si tratta di una semplice bolla, ma dell’intero sistema finanziario globale che sta cedendo su un fianco debole. È talmente evidente che persino l’agente della City di Londra Ambrose Evans-Pritchard l’ha ammesso in una web chat il 6 febbraio.

“Era una bolla del credito unica a livello globale. La fase 1 è stato l’immobiliare USA, la fase 2 la crisi del debito europea, la fase 3 è l’Asia/Cina alle prese con il boom-bust”.

Scatta l’allarme nelle banche europee, che sono esposte per oltre tremila e quattrocento miliardi di dollari nei mercati emergenti. BBVA, Santander (Spagna ma anche UK), Erste Bank (Austria), HSBC, Standard Chartered (UK) e Unicredit (Italia) da sole sono esposte per mille e settecento miliardi, secondo cifre della Deutsche Bank.

Nel caso di Santander, che registra il 23 per cento dei profitti solo dal Brasile, alla fine del 2013 risultavano 132 miliardi di euro di investimenti in America Latina. Standard Chartered è ancora più esposta di Santander, con il 90% delle entrate dipendenti dagli investimenti in Asia, Africa e Medio Oriente. Santander, Standard e HSBC rappresentano una vulnerabilità concentrata per la City di Londra.

La crisi – dice l’Eir – non era inaspettata. Nel 2011 denunciammo la bolla dei mercati emergenti, documentando il caso del carry trade con Brasile, che attirava capitali speculativi con un interesse del 12%, poi ridotto all’attuale 10,5%, ancora alto. Ci si attende un rialzo all’11,25%, che è 0.25 punti al di sotto di quello dell’Uganda. Gli investitori in panico supplicano la Federal Reserve di cessare il “tapering”, la riduzione delle dosi di liquidità immesse nel sistema, e la BCE di usare nuovamente il “bazooka”.

Ma proprio l’espansione monetaria è la causa e non la soluzione del problema. La liquidità a buon mercato di Fed e BCE è stata la reazione sbagliata alla crisi del 2007-2008, come lo è fornire droga ai tossicodipendenti. Quella liquidità è stata usata per alimentare il carry trade e ha peggiorato il problema. Un salvataggio del sistema aumenterebbe enormemente il potenziale di iperinflazione.

Hanno imparato dai propri errori i banchieri centrali? No. Quando gli è stato chiesto quale fosse la causa della crisi dei mercati emergenti, il presidente della BCE Mario Draghi ha risposto di non saperlo. “Le ragioni dell’attuale situazione nelle economie dei mercati emergenti sono abbastanza complesse e certamente al di fuori del controllo delle autorità dell’eurozona o certamente al di fuori della politica monetaria”, ha affermato Draghi alla conferenza stampa della BCE il 6 febbraio.

OPI