Olanda, il piano per uscire dall’euro

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9 febbr – Uscire dall’euro? Si può. Con le elezioni europee alle porte, la campagna elettorale per i seggi di Strasburgo si annuncia infuocata. Il fronte anti-euro e i partiti euroscettici cominciano ad organizzarsi per accendere la corsa verso il voto e convincere gli elettori che mollare la moneta unica è possibile. E così in Olanda si portano avanti col lavoro. Il leader del partito di destra olandese Freedom Party,  Geert Wilders ha presentato ieri uno studio economico, commissionato alla società di consulenza inglese Capital Economics, che presenta i benefici per l’Olanda rivenienti da una sua uscita non solo dall’Eurozona ma dalla Unione Europea, inserendolo dentro al programma per le elezioni europee su cui chiamerà gli elettori olandesi a votare.

I vantaggi – Lo studio di ben 157 pagine affronta i vantaggi di un’uscita dell’Olanda dall’euro-zona. I vantaggi non sono pochi. Il primo riguarda il maggior potere decisionale da parte di Amsterdam di decidere le politiche commerciali e industriali. Un elemento che di sicuro potrebbe giovare anche all’Italia, dato che dal punto di vista delle politiche economiche e industriali gli ultimi due governi, quello del Prof e di Letta che hanno sempre avallato i diktat di Berlino salvo poi rimangiarsi tutto per bocca di Napolitano. Ma uscire dall’euro, come avvertono dall’Olanda, darebbe un’autonomia monetria e soprattutto fiscale. L’Europa infatti da sempre impone agli stati membri il regime monetario che discende dalla Bce con le varie regole di Maastricht rafforzate dal Fiscal Compact. Spezzare queste catene di sicuro darebbe nuova linfa all’economia nazionale, sia in Olanda che in Italia.

I costi – Nel caso di Amsterdam è parere comune dei tecnici euroscettici che  una politica monetaria molto più lasca (“looser”) rispetto a  quella imposta all’Eurozona dalla leadership tedesca potrebbe mettere in moto la ripresa e la rescita. Ulteriori “guadagni”, sempre secondo lo studio Capital Economics,  verrebbero sia dalla eliminazione dell’ingombrante (“cumbersome”) regolamentazione che l’UE impone alle aziende, ritenuta particolarmente inefficiente, specie se confrontata con la legislazione interna del vicino UK, sia dal risparmio sui versamenti alla UE (l’Olanda è un contributore netto), sia dall’autonoma gestione dei flussi di immigrazione. L’unico problema riguarda il costo dell’addio all’euro.

Nuova valuta –  La preparazione di nuove banconote, modifiche dei sistemi informativi e di pagamento, eccetera sono stati stimati dallo 0,3 al 0,8% del PIL, prendendo come riferimento i costi dell’analoga transizione dal Gulden all’Euro nel 1999-2000, mentre gli eventuali futuri costi di transazione, legati ad avere una moneta propria variano, a seconda di diversi studi, dallo 0,1% allo 0,8% del Pil ma scenderebbero notevolmente se l’area euro rimanesse in piedi dopo l’uscita dell’Olanda. Le conclusioni dello studio sono che in caso di uscita dalla Ue l’Olanda nel 2035 avrebbe un Pil dal 10 al 13% maggiore che restando nell’attuale situazione. La ricetta del Freedom Party, nonostante sia difficle da realizzare nel breve periodo, convince gli elettori. Il partito euroscettico olandese infatti è attualmente in testa in quasi tutte le proiezioni per le Elezioni Europee, con stime che arrivano persino ad appena un seggio in meno rispetto ai partiti della attuale coalizione di governo. Se ad Amsterdam dovesse partire l’efftto domino anti-euro, la prossima tessera a cascare giù è di sicuro quella Italiana.

libero

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