29 genn – Con la Svizzera non ci sarà alcun accordo per il rientro dei capitali italiani portati negli anni ’70 all’estero. Fuggiti in un periodo come questo di ostentato terrorismo fiscale.
In compenso le banche finanzieranno la ricapitalizzazione loro richiesta dai protocolli europei di Basilea tre per restare sul mercato, e non venire declassate a junk banks, con i soldi che il governo di Enrico Letta regalerà loro con un decreto legge mischiato alle tematiche di abolizione di Imu prima casa. Regalo fatto mediante rivalutazione delle quote in possesso fiduciariamente dal 1936 dei maggiori istituti di credito privati (o loro successive derivazioni).
In parole povere: da una parte non si incasseranno i soldi delle presunte evasioni, sanate, che poi dovrebbero servire a investimenti o diminuzioni del monte del debito pubblico e dall’altra il contribuente italiano finanzierà la ricapitalizzazione di Unicredit, Intesa San Paolo, Mps e una decina di altre banche.
La pessima notizia rispetto allo sbandierato accordo con la Svizzera, che non si farà più, tanto che al tavolo di Berna di domani per il Forum di dialogo italo-elvetico organizzato dalla rivista Limes non ci andrà Letta, per fare il grande annuncio, ma il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, per dire che siamo ancora a “caro amico”, l’ha data “Repubblica” oggi in prima pagina.
La cosa Federico Fubini se la vende così: “Probabile che l’Italia stia perdendo interesse. Il governo non ritiene di avere bisogno più della Confederazione elvetica per raggiungere ciò a cui è più interessato..”
Tipico di “Repubblica” annacquare uno scoop con una considerazione da favola esopica tipo la volpe e l’uva. E questo perché, secondo Fubini, Letta si illude che con la “voluntary disclosure” tutti si autodenunceranno e quindi chi se ne frega se la Svizzera mantiene il segreto. I lettori giudichino questa maniera di dare le notizie. Anche perché il mancato accordo con Berna avrà serie ripercussioni sui nostri lavoratori trans frontalieri.
Su Bankitalia e il regalo alle banche va detta un’altra “unconvenient truth”: la cosa si pone perché dal 2014, quando la Bce oltre alla funzione di stampare l’euro avrà anche quella di vigilanza, l’istituto di via Nazionale di fatto diventerà un centro studi, Una fondazione. Con all’interno però una pletora di raccomandati superpagati che serviranno ancora a meno di quello che sono serviti sino ad oggi: cioè niente. Se non a fare danni.
Questa ricapitalizzazione delle quote che le banche del 1936, via via trasformatesi in quelle attuali, detenevano fiduciariamente per conto dello stato italiano andrebbero sicuramente rivalutate. E magari anche coi soldi del contribuente. Ma con l’ottica di inglobare le plusvalenze a favore dell’erario. Non di regalarle a banche già finto privatizzate con la legge Amato (una privatizzazione partitocratica a favore delle fondazioni messe su dalla politica, vedi caso Mps ) perché le utilizzino per competere con i propri concorrenti dopo il varo di Basilea tre.
Dimitri Buffa – thinknews.it