21 genn – Il Belgio espelle cittadini comunitari: nel 2013 più di mille. In Belgio anche con un passaporto di un Paese della Comunità Europea si può essere esplulsi. E non sarebbero poche le persone che sono andate incontro a questo destino negli ultimi anni. Inoltre con la crisi questo tipo di espulsioni sarebbero in aumento.
I media belgi hanno riferito che nel 2010 le espulsioni di cittadini comunitari riguardavano 343 soggetti. Nell’anno successivo la cifra è arrivata a 989 ed è raddoppiata nel 2012, salendo a quota 1918. Fino a settembre scorso le espulsioni sarebbero state 1130 e ancora i dati definitivi per l’anno appena trascorso si stanno aspettando.
Come è possibile? In effetti la legislazione belga e quella europea in realtà non entrano in conflitto, di conseguenza è possibile effettuare e perpretare questo tipo di pratica amministrativa. Nella direttiva 2004/38/EC che garantisce il diritto di soggiorno in qualsiasi stato membro a tutti i cittadini europei ci sarebbero delle clausule che rendono possibile tutto ciò. Se infatti i cittadini comunitari (e non solo, anche coloro che necessitano di un permesso di soggiorno) pesano eccessivamente sul welfare di uno degli Stati membri il singolo stato ospitante può optare per l’espulsione.
E’ successo anche a una donna italiana: la bolognese Silvia Guerra, artista di strada e madre di un bambino di otto anni, da tempo residente a Bruxelles, si è vista recapitare un decreto di espulsione firmato dal sottosegretario all’immigrazione. Privi delle risorse necessarie per assicurare il loro mantenimento e quello dei familiari, la donna e le centinaia di altre persone nella stessa situazione, rappresenterebbero un peso insostenibile per il welfare del paese.
Se si legge il testo della direttiva si comprende che quello che il Belgio sta facendo non è fuori dalla normativa: il testo subordina la permanenza di un cittadino europeo in un altro paese dell’Unione per un periodo superiore a tre mesi alla disponibilità di adeguate risorse economiche, non quantificate ma da definire caso per caso. Ogni paese ospitante ha quindi la possibilità di mettere un termine all’erogazione di sussidi e altri aiuti economici nel caso in cui questi ultimi rappresentino “un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato”.
In altre parole, fermo restando il diritto di ogni cittadino di uno Stato membro di spostarsi in un altro paese europeo e cercare lavoro, egli non acquisirebbe automaticamente quello di ricevere prestazioni sociali, le cui disponibilità e la cui entità variano di paese in paese.
Intanto qualcosa si muove: alcuni politici e organi di stampa hanno già portato avanti delle proteste su questo tema, come il deputato socialista dei Francesi del Benelux Philip Cordery. Ma il Segretario di Stato per l’asilo, l’immigrazione e l’integrazione sociale Maggie de Block ha deciso di non replicare.
In Italia alcune forze politiche, che hanno ricevuto la notizia delle espulsioni, ha deciso di reagire: Rifondazione Comunista e il Partito dei Comunisti Italiani hanno già fatto appello al ministro degli Esteri Emma Bonino per “un intervento immediato sia in sede bilaterale con il Belgio che in sede europea per far cessare questa palese ingiustizia pagata cara dai nostri connazionali”.
Intanto c’è chi vuole seguire l’esempio del Belgio: l’adozione di un provvedimento analogo è stata invocata in Germania da Horst Seehofer, governatore della Baviera e grande sostenitore di Angela Merkel, che ha inoltre proposto di ricorrere all’espulsione anche nei confronti di cittadini europei, qualora fossero ritenuti colpevoli di abusi nei confronti del sistema tedesco.
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