Separati in casa, Cassazione: è lecito dare del ‘porco’ all’ex se viola patti

marito-e-moglie9 dic. – Non va punita l’ingiuria rivolta all’ex, con il quale si vive da separati in casa, se questi viola i patti stabiliti, portando nella parte dell’abitazione da lui occupata la nuova compagna. Per questo la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato l’assoluzione che il giudice di pace di Troina aveva pronunciato nei confronti di una donna, applicando l’esimente della “non punibilita’”.

L’imputata, dopo essersi separata legalmente dal marito, aveva continuato a vivere con lui sotto lo stesso tetto: la casa familiare era stata divisa in due unita’ abitative, e tra gli ex coniugi era stato stabilito l’accordo di non ospitare nelle rispettive abitazioni estranei con cui si intrattenevano relazioni. La donna, dunque, era finita sotto processo per ingiuria poiche’, sporgendosi dalla finestra, aveva apostrofato l’ex marito – il quale era in quel momento con la nuova compagna – definendolo “porco” e accusandolo di portare “tutte le prostitute in casa”.

Il giudice di pace l’aveva assolta, ma il verdetto era stato impugnato in Cassazione dal procuratore capo di Nicosia. Il ricorso del pm, pero’, e’ stato rigettato dalla Suprema Corte, che ha condiviso la sussistenza dell’esimente della provocazione, che il giudice di pace aveva posto alla base della sentenza di assoluzione. Il comportamento dell’uomo, si legge nella sentenza depositata oggi in Cassazione, e’ “da definire quale ‘fatto ingiusto’, perche’ contrario alle regole della lealta’ familiare”. Per applicare l’esimente, rilevano i giudici di piazza Cavour, “e’ sufficiente che la reazione sia determinata dal fatto ingiusto altrui e l’ingiustizia non deve essere valutata con criteri restrittivi, cioe’ limitatamente ad un fatto che abbia un’intrinseca illegittimita’, ma con criteri piu’ ampi, anche quando cioe’ esso sia lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza”.

Nel caso in esame, il comportamento dell’uomo, “essendo consistito nella violazione della regola, stabilita di comune accordo dagli ex coniugi, di non ospitare persone, nelle rispettive abitazioni, con cui si intrattenevano relazioni sentimentali, ha concretato – conclude la Corte – gli estremi della ‘ingiustizia’” che ha reso applicabile l’esimente “al fatto ingiurioso posto in essere” dall’imputata.