1100 persone lavorano per Mare Nostrum: in due mesi soccorsi 4000 immigrati

imms6 dic – Sono 22 le operazioni di soccorso effettuate nel corso dell’operazione Mare Nostrum, varata circa due mesi fa dopo le tragedie in mare di Lampedusa per la vigilanza del Canale di Sicilia. Finora sono state assistite e soccorse 3.965 persone (tra cui 215 donne e 275 minori), 2.379 sono poi transitate a bordo delle navi della Marina militare.

Il contrammiraglio Mario Culcasi, comandante delle forze da pattugliamento per la sorveglianza e la difesa costiera, sta conducendo Mare Nostrum insieme a circa 1.100 tra militari e civili “che lavorano con convinzione e abnegazione in questa operazione”, spiega all’Adnkronos. Dall’inizio dell’operazione, rileva il contrammiraglio Culcasi, “tutti i barconi e i gommoni con a bordo gli immigrati sono stati intercettati dalle navi della Marina Militare molto lontano dalle coste italiane e più vicini ai luoghi di partenza, consentendo così di evitare altre tragedie del mare”. L’inviduazione delle ‘navi madri’, da cui gli organizzatori del traffico di clandestini abbandonano i migranti alla deriva su imbarcazioni più piccole, alla volta delle coste italiane, resta uno degli obiettivi principali dell’operazione.

Il 9 novembre scorso nave Aliseo, “ha individuato e fermato una unità madre con equipaggio di 16 persone che sono state consegnate alla procura di Catania”. Nel corso della stessa operazione la Marina Militare aveva soccorso circa 250 migranti su un’altra imbarcazione abbandonata dalla nave madre sequestrata.

“Attualmente – spiega il comandante della missione Mare Nostrum – stiamo pattugliando le coste dalla Tunisia verso verso la Libia per poi proseguire per il Mediterraneo centrale, tra la Sicilia e la Grecia. Questo perchè i punti di più probabile partenza dei migranti sono due: dalle coste tunisine e libiche, da cui i migranti si allontanano attraverso gommoni difficili da individuare con i radar, stipati senza nessuna sicurezza; dall’Egitto, attraverso navi madri che rimorchiano altre piccole imbarcazioni che poi abbandonano alla deriva lasciando agli occupanti una bussola e un telefono satellitare”, che servirà ai migranti per chiedere soccorsi in vista delle coste italiane.

Un fenomeno che, dice il comandante, “nonostante il brutto tempo non si è placato”. Attualmente il dispositivo in mare è composto dall’unità anfibia San Marco, presente sin dall’inizio della missione, che rappresenta il comando e il controllo dell’operazione ed ha un ruolo di supporto sanitario e logistico. La nave imbarca elicotteri “che ci danno la possibilità di avere un braccio operativo lontano dalla nave”. Del task group fanno parte anche nave Grecale ed Euro, due pattugliatori e la corvetta Sfinge. In dotazione anche un ‘velivolo a pilotaggio remoto, drone “che ci aiuta a tracciare un quadro dall’alto della situazione in mare, potendo verificare ampie zone in poco tempo”.

Affidata alla brigata Marina San Marco “l’ispezione sui natanti e la protezione a tutela del personale che effettua la missione”. A bordo di nave San Marco anche personale della Polizia di Stato per foto-segnalazione e mediazione linguistica per gli immigrati.