3 nov – Sconforto, ira, costernazione: sono queste le reazioni fra familiari, sacerdoti e parrocchiani di My Yen per la condanna inflitta ai due cattolici vietnamiti in prigione da mesi, per essersi battuti a favore dei diritti umani e della libertà religiosa. Per la loro liberazione negli ultimi mesi si era battuta l’intera comunità cattolica vietnamita e la loro vicenda, grazie all’impegno e alla testimonianza del vescovo di Vinh mons. Paul Nguyen Thai Hop, aveva acquisito rilevanza internazionale. Tuttavia, un tribunale della regione costiera nel centro-nord del Vietnam ha emesso il verdetto in base all’accusa di “disturbo” dell’ordine pubblico. Una motivazione pretestuosa e più volte usata dai magistrati e dalle autorità comuniste per silenziare il dissenso e le voci libere nel Paese.
Lo scorso 23 ottobre i giudici della Corte di Vinh, capoluogo della provincia di Nghe An, hanno condannato il 53enne Ngo Van Khoi a sette mesi di prigione e Nguyen Van Hai, 43 anni, a sei mesi in cella (nella foto un momento del processo). L’udienza è durata circa tre ore, per un processo a porte chiuse di cui nemmeno la famiglia era stata avvertita.
I due erano stati arrestati nel giugno scorso; nelle settimane successive le autorità avevano assicurato e annunciato a più riprese il loro rilascio, senza mai eseguire quanto promesso a voce. La loro mancata liberazione ha scatenato animate proteste di piazza represse con violenza dalla polizia vietnamita, come avvenuto il 4 settembre scorso con numerosi feriti e diversi fermi giudiziari. In risposta i fedeli – risoluti nel sostenere vertici diocesani e sacerdoti nella lotta per la libertà dei parrocchiani – hanno celebrato messe e veglie di preghiera, cui hanno partecipato decine di migliaia di persone.
Contro il vescovo mons. Paul i media vietnamiti hanno anche lanciato una pesantissima campagna diffamatoria, mentre le autorità provinciali di Nghe An hanno cercato di isolare il prelato in seno alla Conferenza episcopale e ottenerne la cacciata. Una presa di posizione che ha unito ancor più i vescovi vietnamiti e ha originato manifestazioni di solidarietà, stima e vicinanza dai prelati del Paese, fra i quali il vescovo di Kontum.
Raggiunti da Radio Free Asia (Rfa) i figli di Khoi dicono di essere sconvolti per il verdetto, sottolineando che tanto il padre quanto l’amico Hai “sono innocenti”; essi si sono appellati a tutte le autorità competenti, di qualsiasi livello, per ottenere la libertà. La famiglia aggiunge peraltro che è venuta a conoscenza del processo da alcuni abitanti del villaggio, non di fede cattolica, i quali esprimevano “tristezza” perché non veniva concesso loro di partecipare al dibattimento in aula.
Secondo la ricostruzione, un funzionario del villaggio avrebbe rivelato ad alcuni abitanti – ma non cattolici – che i giudici si stavano preparando a processare i due parrocchiani, ma si sono ben guardati dall’avvisare i parenti. Un sacerdote dell’area, dietro anonimato, conferma che i due “sono innocenti” e che “dovrebbero essere liberati”.