La libertà è un bene indi­spo­ni­bile: anda­te­vene, se potete

Sta­li­ni­smo: L’interpretazione del marxismo-leninismo pro­pria di Sta­lin, che, in con­trap­po­si­zione alla teo­ria della rivo­lu­zione per­ma­nente, affermò il prin­ci­pio dell’autosufficienza della rivo­lu­zione russa, e la cor­ri­spon­dente prassi poli­tica, adot­tata dallo stesso Sta­lin a par­tire dalla fine degli anni Venti, con lo scopo di pro­muo­vere l’industrializzazione del paese e la moder­niz­za­zione del suo sistema pro­dut­tivo, rite­nute con­di­zioni indi­spen­sa­bili per pro­ce­dere alla tra­sfor­ma­zione della società russa in una società socia­li­sta. Tali obiet­tivi furono rea­liz­zati nel corso di un tren­ten­nio, attra­verso la col­let­ti­viz­za­zione for­zata dell’agricoltura e l’enorme dila­ta­zione dell’apparato buro­cra­tico dello stato, cui fu asso­ciato l’esercizio di un illi­mi­tato potere per­so­nale (giu­sti­fi­cato in nome della difesa del socia­li­smo con­tro reali o pre­sunti nemici) che, attra­verso la pro­pa­ganda e il con­trollo poli­zie­sco, impose il con­for­mi­smo in ogni sfera della vita poli­tica, sociale e cul­tu­rale e ricorse all’uso di metodi repres­sivi con­tro chiun­que, spec. all’interno del par­tito, mani­fe­stasse qual­che forma di oppo­si­zione o di dis­senso.
(Enci­clo­pe­dia Treccani)

Comunismo

Signore e Signori; Ita­liane ed Italiani.

Siamo al redde ratio­nem. Tanti di voi lo hanno capito che si sta con­su­mando il sac­cheg­gio della nostra demo­cra­zia. Noi di cen­tro destra — che siamo sem­pre stati un po’ anar­chici — abbiamo sem­pre col­ti­vato nel cuore la spe­ranza che le sole regole certe sulle quali fon­dare una nazione — il buon senso, la qua­lità degli uomini, la parola ed il nostro antico modo di essere accoz­za­glia costrut­tiva — potes­sero sal­vare l’Italia e la nostra libertà. Non è stato così. Molti, troppi, hanno appro­fit­tato delle debo­lezze strut­tu­rali di un sistema per annien­tare la crea­ti­vità ope­rosa, limi­tando ogni giorno di più gli spazi di libertà. Una cappa di bugie e di divieti ha risuc­chiato l’aria, il cielo, il sor­riso, per­fino le tradizioni.

Le leggi sono car­ta­strac­cia, noi lo pen­siamo da sem­pre, e di esse si può fare qua­lun­que uso, basta cam­biare una vir­gola, come i vati­ci­nii della Sibilla: “ibis et redi­bis non morie­ris in bello”. La legge non guarda negli occhi e non cono­sce la poe­sia e la tra­ge­dia della vita. Gli oli­gar­chi le hanno prese in ostag­gio dei loro incon­fes­sa­bili fini di potere, ed ora, non paghi — giac­chè nem­meno que­sto bastava ad annien­tare un nemico — le cam­biano sfrontatamente.

È una dit­ta­tura viscida come una medusa, che per­se­gue il potere puro e la ven­detta dei medio­cri, sep­pel­li­sce la verità al suono sto­nato della sua banda di fian­cheg­gia­tori opi­nio­ni­sti. “Tutto va bene, tutto è in ordine: pen­sate con­forme e non vi acca­drà nulla di male”. Ci dicono che una volta libe­ra­tici del diverso tutto tor­nerà a risplen­dere: avremo riforme, brio­ches e lavoro, avremo fab­bri­che, avremo arte, avremo gioia. Ci rac­con­tano per­fino che fuori dei con­fini c’è la tem­pe­sta, e non è vero. Non cre­dete più nem­meno alle pre­vi­sioni del tempo: tutto è finzione.

Di noi, nes­suno si cura più nean­che per finta. I nostri sol­dati abban­do­nati in India, i malati lasciati morire dinanzi al palazzo, igno­rati o trat­tati con indi­spet­tita degna­zione, i nostri impren­di­tori che si ammaz­zano nel silen­zio gene­rale, tutti spre­muti come forun­coli, senza nep­pure il diritto di avere un’opinione. Tutto è pos­si­bile su que­sta gio­stra imbiz­zar­rita, che con amore chia­mammo Ita­lia, che ha perso ogni capa­cità di indi­gnarsi e di rea­gire. Rigal­leg­giano — ripe­scati sapien­te­mente dalla pro­pa­ganda di regime — vec­chi arnesi che cre­de­vamo sepolti per sem­pre: Di Pie­tro, Fini, i prez­zo­lati del nemico che la fanno sem­pre franca con ric­chi premi e cotillons.

C’è una parte con­si­stente di que­sto paese che man­gia con sod­di­sfa­zione le bri­ciole e le ossa sotto il tavolo degli oli­gar­chi, ma gli altri, quelli pro­gram­mati dai falsi pro­feti e dai pes­simi mae­stri, ber­ranno ben pre­sto pure loro l’amaro calice della delu­sione. Per­chè quando il tiranno sarà abbat­tuto non ci sarà più alcun pre­te­sto e la ful­gida dit­ta­tura sarà final­mente istau­rata senza più osta­coli. Guai a chi palesi sulla cor­ruc­ciata fronte un ini­zio di pen­siero! Dio per­dona, il neo-stalinismo con­for­mi­sta, no.

La libertà è un bene indi­spo­ni­bile: anda­te­vene, se potete.

Angela Pisci­telli, 30 otto­bre 2013
Zona di fron­tiera (Face­book) — zonadifrontiera.org (Sito Web)

One thought on “La libertà è un bene indi­spo­ni­bile: anda­te­vene, se potete

  1. Condivido tutto l’articolo,con l’eccezione dell’ultima riga(“andatevene se potete”);no,bisogna restare e combattere;bisogna difendere la nostra identità e la nostra cultura,oltre ovviamente,i nostri interessi economici;il regime conta proprio sulla”diserzione”di massa per poter meglio schiavizzare chi resta,con la sostituzione etnica e l’annientamento della nostra millenaria cultura,ostacolo al suo infame progetto globalista;è tempo di reagire,non di fuggire!

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