29 ott. – Hanno rischiato il linciaggio dai fedeli i sei vandali che domenica hanno devastato il santuario di Muxima, in Angola. “Avevano gia’ preso i machete si accalcavano attorno alle auto della polizia perche’ volevano farseli consegnare per ucciderli, poi gli agenti hanno sparato in aria”, ha raccontato una testimone, Teresa Nene’, di 48 anni.
I sei hanno distrutto una statua della Madonna e vari quadri. “Il sacerdote ha urlato di mantenere la calma”, prosegue la donna con gli occhi lucidi e il rosario ancora stretto fra le mani, “che non si risponde alla violenza con la violenza e la gente a poco a poco si e’ calmata, ma ci sono volute ore”.
Muxima, che dista 120 chilometri dalla capitale Luanda, e’ un villaggio schiacciato sul fiume Kwanza con poche migliaia di abitanti. L’unica strada asfaltata e’ quella che porta alla chiesa. Ai lati vicoletti in terra battuta dove, seduti per terra, mercanti di frutta offrono pomodori, cipolle e patate. La calma di questo villaggio la domenica scompare quando migliaia di persone arrivano per la messa da tutto il paese e si assiepano in questa chiesa tirata su nel 1.600.
“Sembrava una domenica come un’altra – racconta Josefa Anton, 51 anni – la chiesa era gia’ piena per la messa poi sono arrivati loro, avevano delle tuniche e dei bastoni. Noi abbiamo pensato che fosse una rappresentazione teatrale, ci sono chiese che le fanno anche se qui non le ho mai viste. Sono andati di corsa verso l’altare e hanno preso a bastonate la statua della Madonna fino a farla cadere per terra. Hanno gettato vernice bianca e rossa dovunque. Hanno preso a martellate un crocifisso.
C’era una donna fra loro, ha decapitato la statua e stracciato il vestito della vergine”. Il gruppo di assaltanti, cinque uomini e una donna, poi catturato dalla polizia appartiene ad una setta chiamata Chiesa profetica dell’arca di Betlemme. Durante le violenze nel santuario gridavano che i cattolici adorano le immagini e per questo dovevano essere distrutte. “E’ stato il panico totale – racconta padre Albino Reis Goncalves, responsabile del santuario – la gente e’ fuggita all’esterno e hanno chiamato la polizia. Alcune mie collaboratrici si sono rifugiate in sagrestia ma questi hanno rotto la porta e hanno distrutto tutto anche li’. C’era un quadro di San Michele, anche quello del ‘600 completamente rovinato”. Dopo i primi momenti di panico i parrocchiani hanno serrato tutte le porte del santuario rinchiudendo gli assaltanti in sagrestia e centinaia di pellegrini nella chiesa.
“Pensavano che ci potessero essere altri aggressori nascosti fra la folla – spiega il sacerdote – ma dopo un’ora le porte sono state riaperte”. Da Luanda e’ arrivato un elicottero con altri poliziotti e hanno preso in consegna il gruppo. “La gente era inferocita – prosegue Josefa – ha preso i machete e si e’ scagliata contro la polizia perche’ non voleva che fossero portati via. Voleva che li lasciassero alla folla. Gli agenti allora hanno sparato in aria e la gente e’ fuggita”.
All’indomani dall’episodio ceste con olio, sapone e qualche gallina viva sono allineate all’esterno della sagrestia. Sono le offerte di donne che hanno ripreso il pellegrinaggio verso il santuario. Molte di loro piangono solo se gli si chiede dell’assalto. “Non so cosa pensare di questa gente – dice Maria Manuel, 55 anni, arrivata da Luanda dopo aver saputo dell’episodio – in Angola stanno nascendo tante di queste sette ma l’unica cosa che vogliono sono i soldi”.
L’Angola e’ un paese a maggioranza protestante. Ci sono decine di chiese evangeliche e pentecostali, alcune delle quali autorizzate dal governo, altre abusive e periodicamente accusate di plagiare i loro fedeli per sottrarre loro denaro. “Non si era mai vista una cosa del genere in Angola – prosegue padre Albino – questa chiesa e’ il simbolo della spiritualita’ angolana e abbiamo accolto anche fedeli di altre religioni che hanno sempre avuto il massimo rispetto per noi. Ma tutta questa violenza mai. E’ davvero strano. Non so cosa pensare”. (AGI) .