27 ott – «Ho deciso di accantonare i procedimenti relativi alla condizione di clandestinità. È una perdita di tempo inseguire fantasmi per tutta Italia a fronte di una sanzione irrisoria e un grande impegno della macchina giudiziaria»: parola di procuratore della Repubblica. Francesco Saluzzo, capo della Procura ha chiesto di parlare per un «fuori programma» durante la presentazione del rapporto annuale sull’immigrazione nel Novarese.
«Clandestino non è uguale a delinquente»
Saluzzo ha voluto subito sgombrare il campo: «Clandestino non è uguale a delinquente e italiano non è sinonimo di persona perbene. Il problema è che siamo di fronte a una situazione drammatica e impossibile da risolvere. Quindi ho fatto una scelta di cui sono pronto a rispondere se me ne chiederanno conto». La decisione riguarda gli stranieri in Italia: «Ho stabilito di accantonare i processi che riguardano l’articolo 6 della legge Turco-Napolitano, oggi Bossi-Fini [riguarda, tra l’altro, la mancata presentazione dei documenti, punibile con l’arresto ndr]: è un gioco dell’oca alla rincorsa di chi magari non è nemmeno più qui. Una sanzione ridicola a fronte di un processo è prevista anche per l’articolo 10 della Bossi Fini sul reato di clandestinità. Così non ho ritenuto di usare le risorse dell’ufficio per questi reati».
L’allarme sociale delle nuove famiglie di immigrati
Sono altri per il procuratore i delitti che meritano attenzione: «Assistiamo preoccupati al moltiplicarsi di violenze familiari, in forme che arrivano anche alla segregazione, da parte di stranieri nei confronti di coniugi o figli che vogliono “occidentalizzarsi”. Un caso è emerso in questi giorni: la vittima era stata addirittura ritirata da scuola da due anni».
Il procuratore tiene a sottolineare che non è una questione etnica o di religione: «Non ci sono buoni e cattivi tra stranieri e italiani. Sappiamo – ha aggiunto amaro – quanto siamo avanti in Italia nella soluzione dei conflitti con eliminazione dell’altra persona e le denunce ci mostrano ogni giorno che cosa succede purtroppo nelle case degli italiani». La conclusione del procuratore punta sull’integrazione: «E’ necessaria una sorta di “prevenzione culturale”. Bisogna far comprendere che certi atteggiamenti qui non sono tollerati. Sulla clandestinità, invece, non ho ricette: gli strumenti penali non servono, quelli amministrativi come l’espulsione sono molto difficili da attuare».
lastampa.it
Domanda: ma se il procedimento giudiziario e´ obbligatorio d´ufficio, rientra nei poteri discrezionali del Procuratore decidere di non procedere nonostante la (sia pur pessima) legge in vigore ?