Primo: tu non pregherai alcun Dio. Ma la fede sopravvisse

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26 ott – Nell’ Archivio del presidente della Federazione russa (senza libero accesso), nato come strumento personale di Stalin e poi utilizzato dai segretari del Pcus, sono conservate carte essenziali del ‘ 900. Per esempio, i documenti sulla strage di Katyn, del patto Ribbentrop-Molotov, sulle invasioni dell’ Ungheria e della Cecoslovacchia. Ma anche i dossier su Togliatti, tre faldoni dedicati a Craxi, altri sul Vaticano eccetera. Alcuni sono documenti unici, vergati direttamente a mano da un membro dell’ ufficio politico.

Chi scrive, con l’ aiuto di un deputato della Duma, è riuscito a consultarne alcuni riguardanti l’attuazione dell’ ateismo sovietico. I testi sono stati verificati con Kirill Anderson, direttore dell’ Archivio di Stato, e con Viktor Gajduk, professore di storia all’ Università di Mosca, già accademico dell’ Urss.

Cominciamo con un documento del 14 aprile 1922. Lenin, dopo alcune aperture, ha nel mirino la Chiesa ortodossa. È un telegramma cifrato a «tutti i segretari di partito regionali»; si articola in tre punti, il secondo dei quali ricorda che i pope leali ai soviet dovrebbero essere sospinti a «far dimettere il patriarca controrivoluzionario e la sua cricca; non dobbiamo scoprirci, ma far agire i fedeli perché facciano pressione». Lo scopo è il «rinnovamento democratico della Chiesa» (Aprf, ovvero Archivio presidente della Federazione russa, fondo 45, cart. 1, fasc. 29, foglio 12).

Curioso è un «aggiornamento» alla direttiva del maggio successivo. In esso si nota che l’ «aggravarsi di scontri sulle gestioni delle parrocchie, sul ruolo del patriarca, delle etnie etc. è auspicabile». Si raccomanda «delicatezza» e – ecco la perla – «di criticare sui giornali con determinazione i fautori del rinnovamento della Chiesa» (Aprf 45, 1, 29, 58).

Passiamo al 1929, Stalin è ormai personaggio di primo piano. Un’ appendice segreta alla delibera del 24 gennaio, firmata da Kaganovich e siglata dal Piccolo Padre, indirizzata al commissariato del popolo, riporta: «Tenete ben presente che le organizzazioni religiose sono le sole e legali realtà controrivoluzionarie con impatto sulle masse. Dobbiamo avere il controllo di tutte le mense vegetariane ed altre associazioni di cooperazione religiosa che sono state create dalla Chiesa con vari pretesti, quindi mettere sotto controllo tutti i monasteri per non consentire loro attività politiche» (Aprf 3,60,13,56-7).

Il 28 febbraio invece l’ ufficio centrale del partito delibera le modifiche alla Costituzione, in particolare gli articoli 4 e 12. Il primo dei due recitava: «La libertà di propaganda religiosa e antireligiosa è diritto di tutti i cittadini della repubblica»; diventa: «La libertà di coscienza religiosa e di propaganda antireligiosa è diritto…» (la formula rimane in vigore sino al crollo dell’ Urss). Quanto al 12, voluto da Lenin per proteggere le vittime dello zar, trasforma i «perseguitati per attività politiche e opinioni di carattere religioso» in «perseguitati per attività rivoluzionaria e di liberazione». Insomma, la religione scompare (Aprf 3,60,13,58).

Intanto è creato il Comitato antireligioso, l’ Ark, che prende di mira i monasteri, avviando un censimento al fine di chiuderli e trasformarli in case per studenti, colonie per delinquenti minori etc. Ai fogli 78-79 dell’ ultimo documento citato, c’ è una nota in margine di Stalin, scritta con la mitica matita blu: «Per quanto riguarda la chiusura delle chiese, raccomando un atteggiamento molto serio e prudente». Un ulteriore e analogo invito – questa volta per le moschee – il Piccolo Padre lo aggiunge l’ 11 febbraio 1930. L’ Ark, svolto il lavoro, sarà poi liquidata dal dittatore e i suoi funzionari spariranno con le purghe.

È ancora Stalin che fa adottare una delibera per stroncare la campagna di stampa che informa sulla chiusura delle chiese (56 in un solo giorno). Il 25 maggio 1930 leggiamo: «Cacciare il direttore del foglio che il 18 scorso ha pubblicato sul suo giornale il servizio» (Aprf 3,60,13, 12). Intanto a Mosca si decide di passare alla distruzione dei sacri edifici. Kaganovich, che è anche segretario cittadino, ordina nel 1934 di far saltare la cattedrale di Cristo Redentore per costruire al suo posto il Palazzo dei soviet, sul quale avrebbe dovuto essere posta una grande statua di Lenin. L’ edificio, sede del patriarca, è trattato con la dinamite ma il monumento comunista non verrà mai costruito e al tempo di Krusciov si realizzerà solo una piscina.

Salta in quell’ anno anche la chiesa della Madonna del Kazan sulla piazza Rossa: le sue fondamenta sono trasformate in latrine per i bisogni dei soldati durante le sfilate. «Si continua con dinamite e altro», nota Gajduk. Ma la religione non muore. Vero è che nel 1935 una delibera del Comitato centrale constata il fallimento di tali iniziative: «Quanto il partito ha fatto contro la Chiesa è servito a poco. L’ Unione degli atei militanti è una rovina totale; i sindacati che dovrebbero impegnarsi sul fronte antireligioso non fanno alcunché; il commissariato del popolo per l’Istruzione evita di farsi coinvolgere in questa attività. La Chiesa, invece, ha ancora una grande influenza su diverse categorie del popolo e rinforza le sue posizioni attraverso attività varie» (Aprf 3,60,14,34). Si può dire che da questo momento le chiese non saranno più distrutte.

È interessante notare che un censimento ordinato da Stalin nel 1937 (presente in Aprf 3,60,14,34-37) impone a tutti i cittadini dai 16 anni in su di rispondere, tra l’ altro, alle domande: «Sei credente?» e «Di che religione sei?». Si scopre che su 98,4 milioni di intervistati, ben 55,3 milioni si dichiarano credenti, 42,2 non credenti e soltanto lo 0,9 si è astenuto. Il censimento allora non vide la luce; a scanso di equivoci tutti i componenti dell’ ufficio furono fucilati.

«Da quel 1937 cambia l’atteggiamento e Stalin dà il consenso alla realizzazione dei film sui santi russi di Eisenstein», osserva Gajduk. Il 16 aprile 1938 il Piccolo Padre controfirma la delibera governativa che scioglie la commissione per i culti e le religioni, mentre in una postilla segreta – è un pezzo di carta aggiunto al faldone con un fermaglio – si legge: «Di 25 mila chiese nel territorio sovietico che sono state calcolate nel 1935, nel 1938 ne risultano ancora aperte al culto 1277» (Aprf 3, 60, 14, 51).

Intanto, sempre nel 1938, si ritorna all’ albero di Natale, anche se è chiamato «di capodanno» (Stalin ne visita alcuni e pronuncia dinanzi ad essi dei discorsi). Inoltre nei film e nelle rappresentazioni teatrali è permesso di nuovo fare il segno della croce, anche se ai soli personaggi anziani. Insomma, la religione è riammessa con cautela. Sino a quando, il 7 novembre 1941, con i tedeschi alle porte di Mosca, Stalin, per l’ anniversario della rivoluzione, riprende un discorso pronunciato da una personalità ortodossa il 22 giugno nella chiesa del quartiere di Yelokhov, rivolgendosi ai russi con queste parole: «Fratelli, sorelle».

La storia è ancora lunga, ma da quel giorno il patriarca di Mosca ridiventerà una presenza indiscutibile, anche se con Krusciov la Chiesa ebbe grossi problemi (per un ritorno allo spirito leninista) e nel 1964 Breznev firmò, da vero burocrate, le delibere giacenti che istituivano le prime cattedre di ateismo. Stalin, vecchio seminarista ed eccellente conoscitore della musica sacra, non le aveva nemmeno prese in considerazione. * * *

Torno Armando

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(4 febbraio 2007) – Corriere della Sera