Caso marò: dignità nazionale svenduta e 2 italiani a rischio

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25 ott –  Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono tenuti in ostaggio dall’India da 20 mesi, trattenuti perché sospettati dell’omicidio di due pescatori. Un’accusa infamante che non sembra trovare riscontro in nessuna prova a carico, anzi è confutata da analisi tecniche depositate presso la Procura della Repubblica di Roma.

Sono stati fatti rientrare il 21 marzo di questo anno a seguito di una decisione improvvisa del Governo che sconfessava la precedente dichiarazione ufficiale di dieci giorni prima quando si informava della decisione che Massimiliano e Salvatore non sarebbero stati rimandati in India al termine del permesso elettorale loro concesso.

Un annuncio che faceva sperare tutti in un risveglio della dignità italiana dopo un anno di completa accondiscendenza nei confronti dell’India soprattutto leggendo il comunicato dell’allora Sottosegretario de Mistura, “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”., precisando che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”.  E concludeva con il proposito  “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale …..”.

Un fiammata di orgoglio nazionale che, però,  veniva immediatamente spenta dalla successiva ed inaspettata  decisione dell’Esecutivo che dopo dieci giorni sanciva  il rientro dei due militari in India. Un provvedimento destinato a spaccare la compagine del Governo, inducendo le dimissioni dell’allora Ministro degli Affari Esteri, l’ Ambasciatore Giulio Terzi.

Da quel momento un susseguirsi di dichiarazioni ufficiali e/o ufficiose che portavano a pensare che il motivo della determinazione governativa andava forse ricercato soprattutto in ragioni di natura economica piuttosto che di politica estera. Dalle parole dello stesso Senatore Monti in occasione del Suo intervento in Parlamento per relazionare sui fatti, emergeva, infatti,  che non potevano essere sottovalutati gli interessi economici che coinvolgevano molte imprese italiane  impegnate in India. In primis un contratto milionario di Finmeccanica per la fornitura di 15 elicotteri militari in quel momento in bilico perché sembrava fossero state pagate “commissioni” a personalità indiane di spicco.

Si era deciso, quindi,  di riconsegnare i due Fucilieri di Marina a Delhi, sottraendoli, peraltro anche alla Giustizia italiana essendo indagati dalla Procura Militare e da quella civile per importanti ipotesi di reato. Di fatto una sorta di estradizione di due cittadini italiani in un Paese che intendeva giudicarli per reati punibili secondo l’ordinamento indiano anche con la pena di morte.

Una forzatura costituzionale per mantenere buoni rapporti economici  con un Paese terzo parzialmente mascherata da una dichiarazione di Delhi a non ricorrere alla pena capitale, manifestazione di volontà assolutamente insignificante secondo quanto sentenziato dalla Corte Costituzionale (n. 223 del 27 giugno 1996). Decisione giuridica con cui la Suprema Corte aveva ritenuto la  semplice garanzia formale della non applicazione della pena di morte atto insufficiente alla concessione dell’estradizione.

Un chiaro pronunciamento espresso dalla Sezione VI (Sentenza n. 45253 del 22 nov. 2005, Cc. Dep. Il 13 dic. 2005, Rv, 232633 ) e ribadito il 10 ottobre 2008 n. 40283, dep. 28 ottobre 2008 dove si legge tra l’altro che “ai fini della pronuncia favorevole all’estradizione , è richiesta documentata sussistenza e la valutazione di gravi indizi ……”, elementi che nella vicenda specifica non sembravano nè sembrano assolutamente esserci.

In quel momento, come i fatti dimostrano,  fu invece  sottovalutata la controparte pensando che l’India si sarebbe sentita appagata. Così non è stato ed oggi Delhi ha deciso di annullare il contratto per la fornitura degli elicotteri e si auspica che a seguire non cancelli  altri impegni commerciali in corso con imprese italiane.

Un errore che si aggiunge a quello compiuto nell’ aprile 2012 quando fu pagato un indennizzo di 190.000 dollari alle famiglie dei defunti pescatori indiani. “Un atto di donazione e di generosità, al di fuori di un contesto giuridico” secondo quanto precisato dall’allora Ministro della Difesa  Giampaolo Di Paola, interpretato, però, come un’ammissione di colpa da moltissimi organi di stampa  indiani.

(ASCA) – Roma, 23 ott – L’India ha inviato alla AgustaWestland una nota nella quale si annuncia la volonta’ di cancellare l’acquisto degli elicotteri della azienda del gruppo Finmeccanica, dopo lo scandalo legato alla corruzione di alcuni funzionari. Lo hanno riferito all’AFP fonti del Ministero della Difesa indiano, aggiungendo che l’AgustaWestland ”ha 21 giorni di tempo a disposizione per rispondere”.

L’India ha sospeso l’ordine da 556 milioni di euro dopo che gli inquirenti italiani hanno cominciato a indagare su presunte mazzette pagate per vincere l’appalto, siglato nel 2010 e riguardante 12 elicotteri dell’azienda anglo-italiana.

L’inchiesta ha portato lo scorso febbraio all’arresto dell’amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi e dell’amministratore delegato di AgustaWestland, Bruno Spagnolini, accusati di corruzione internazionale.

Il ministro della Difesa indiano, A.K. Antony, ha sospeso i pagamenti dopo aver ricevuto i primi tre elicotteri, annunciando l’intenzione di cancellare l’ordine per gli altri nove, destinati ad alte personalita’ di rilievo, come il Presidente e i Ministri.

Pochi giorni fa la AgustaWestland ha reso nota la volonta di ricorrere a un arbitrato internazionale e della vicenda ha parlato anche il primo ministro britannico David Cameron (la AgustaWestland ha una fabbrica nel sudest dell’Inghilterra) nel corso del suo viaggio in India lo scorso febbraio. (fonte AFP).

Questi i fatti che ci suggeriscono fra le varie ipotesi un’unica certezza. Gli interessi nazionali, in particolare quando sono coinvolti cittadini italiani,  non si difendono cedendo al ricatto di un Paese terzo. Chi ha deciso di far rientrare in fretta e furia in India  Massimiliano Latorre e Salvatore Girone anche per non compromettere grossi interessi economici dovrebbe forse rivedere le sue posizioni. In questo modo non si sono garantiti gli interessi italiani ma è stata svenduta la sovranità nazionale, culminata con la consegna non dovuta  di due cittadini italiani. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone  colpevoli di aver scelto male la loro professione, quella di indossare un’uniforme e di ipotecare la propria vita per difendere lo Stato ed il suo prestigio.

La storia però non perdona e tutto alla fine torna. Svendere la dignità nazionale e mettere a rischio di due italiani sicuramente non pagherà, ed un primo  rendiconto è arrivato !

Fernando Termentini – 24 ott. 2013, 12,30