La Carrozza “ruba” ai poveri per dare ai ricchi (e al “suo” ateneo)

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23 ott – Gli accademici la chiamano la legge Robin Hood al contrario: toglie alle università più povere per dare alle più ricche. Una forma di darwinismo cattedratico che premia i più ricchi e lascia indietro i poveri voluto da un ministro Pd, con tanto di conflitto di interessi. E’ il decreto ministeriale sul ripartimento delle risorse derivanti dai pensionamenti nelle università, decreto approvato pochi giorni fa dal governo con l’intenzione di introdurre criteri meritocratici nei meccanismi di ridistribuzione delle risorse liberate (al netto del limite al 20 per cento del turn over – fuori 10, dentro 2 – introdotto dal governo Monti).

Chi perde e chi prende – Insomma, il proposito non era semplice, ma i risultati spaccano il mondo accademico italiano. C’è una metà degli atenei (per lo più settentrionali) che dal decreto ottiene risorse insperate, mentre l’altra metà (centro-meridionali) rimane con un pugno di mosche in tasca. E in più spicca un piccolo “conflitto di interessi”: la prima università per risorse ottenute è il Sant’Anna di Pisa (212 per cento di turn over: fuori 10, dentro 21), università di cui era rettore Maria Chiara Carrozza, ministro Pd dell’Istruzione che ha apposto la firma in calce al decreto della discordia.

La graduatoria – Sul podio con il Sant’Anna ci sono il Politecinco di Milano (73 per cento) e la Normale di Pisa. Seguono Roma Tre, Parma, Bologna, Ca’ Foscari di Venezia e Politecnico di Torino (in coda alcuni atenei meridionali, come Catanzaro, Sannio e Basilicata). Ad andarci male sono Federico II di Napoli (-66 per cento), Roma La Sapienza (-24) e Bari (-66), che si ritrovano con risorse molto inferiori alle aspettative. A mettere il dito nella piaga è uno studio di Beniamino Cappelletti Montano, ricercatore dell’universtà di Cagliari, pubblicato su Roars, sito di informazione scientifica. Il titolo già dice tutto: “Robin Hood al contrario”. I paramentri introdotti in materia indebitamento, spese per personale, tasse universitarie e cessazioni, hanno creato, secondo Cappelletti Montano, effetti “surreali e paradossali”.

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