Il trans rivela: «Marrazzo mi diede 70mila euro. Stavano insieme per consumare cocaina»

marrazzo22 ott -Un rapporto di conoscenza con l’ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, iniziato nel 2002 e proseguito fino al 2009 e che ha portato “quasi 70mila euro” in tasca alla trans “Paloma”. Questo il resoconto della stessa transessuale in aula oggi davanti ai giudici della IX sezione penale del tribunale della Capitale, nell’ambito del processo ai quattro carabinieri per il tentato ricatto ordito ai danni dell’ex governatore.

“Il presidente Marrazzo mi ha dato 70 mila euro – ha ricordato – Nei nostri incontri non facevamo sesso, ma consumavano solo cocaina. Io mi prostituivo per strada, nella zona di via Flaminia. Lui mi abbordò con l’auto. Nel corso del primo incontro mi ha dato 10mila e 200 euro, ma è arrivato a darmi anche 17mila euro come ‘regalo’ perché dovevo tornare in Brasile”. Con non poche difficoltà di comprensione Paloma ha aggiunto che in una circostanza Marrazzo la portò in alcuni uffici della Regione Lazio. “Ma non posso dire dove, perché avevo assunta della droga e non ricordo precisamente”.

Rispondendo alle domande del pm De Santis, Paloma ha aggiunto che l’ex presidente della Regione “agli incontri consumava sempre cocaina. Mi dava circa 1.000 euro che servivano per acquistare la sostanza. Gli incontri avvenivano anche nel suo appartamento e capitava spesso che lui si presentasse già ‘fatto’ di coca”.

Infine la trans ha raccontato che incontrò Marazzo anche nella notte tra il 2 e il 3 luglio del 2009 quando secondo l’accusa, avvenne l’irruzione dei carabinieri nell’appartamento dove Marrazzo era in compagnia del latrans Natalì. “Quella notte stette con me fino alle 5 di mattina, facemmo uso di droga. Poi nel pomeriggio successivo mi richiamò e andai a casa sua sempre per incontri a base di cocaina”.

L’avvocato Luca Petrucci, difensore di Marrazzo, e parte civile nel processo ha spiegato: “Questi fatti riferiti in udienza sono inverosimili”. Il penalista ha annunciato anche iniziative contro chi diffama o lede l’onorabilità del suo assistito.