22 ott – Dopo un primo turno andato a vuoto, Rosy Bindi è la nuova presidente della Commissione Antimafia.
Il Pd aveva annunciato che avrebbe votato a oltranza l’esponente democratica grazie ad un accordo con Sel e i socialisti. Il vicepresidente sarebbe il vendoliano Claudio Fava, il segretario il deputato socialista Marco Di Lello.
La votazione è avvenuta in assenza del Pdl. Secondo quanto si è appreso da fonti parlamentari degli azzurri, se passerà la presidenza Bindi eletta a maggioranza i rappresentanti del principale partito di centrodestra potrebbero disertare i lavori dell’Antimafia fino a quando non venisse “sanata” la ferita aperta dal voto di oggi. La delegazione parlamentare del Popolo della libertà in Commissione Antimafia non parteciperà al voto odierno “dal momento che il Partito democratico intende imporre un proprio candidato usando solo la forza dei numeri e senza la necessaria condivisione per una scelta così importante”, hanno denunciato in una dichiarazione congiunta i capigruppo Pdl Renato Brunetta e Renato Schifani.
I parlamentari del Pd in commissione antimafia erano 20, due i voti a disposizione di Sel, due i socialisti. Per avere la maggioranza necessaria, che era di 26 voti, serviva anche l’ok dei tre rappresentanti di Scelta civica. Ok che non è arrivato al primo turno dove la Bindi ha preso 23 voti. Si è arrivati al ballottaggio immediato tra l’ex vicepresidente della Camera e il senatore M5S Luigi Gaetti, che ha ottenuto sei voti. Infine, l’elezione con 25 voti.
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18 ottobre – Il Partito democratico tiene in ostaggio l’Antimafia. Manovre per dare la presidenza alla Bindi
di Vittorio Pezzuto per la notizia
iChi l’avrebbe mai detto? A finire sulla graticola della Commissione Antimafia ieri è stata la forza politica che più ha brandito la lotta senza quartiere alla criminalità organizzata come un’aguzza lancia retorica da scagliare a piacimento contro nemici e avversari. Stiamo ovviamente parlando del Pd, che ha deciso in blocco di marcar visita alla seconda convocazione della neocostituita Commissione, così impedendo per l’ennesima volta l’elezione dei componenti del suo ufficio di presidenza. Un passaggio istituzionale obbligato, senza il quale non si può nemmeno iniziare a lavorare. E dire che tra i partiti della maggioranza era stato da tempo siglato un accordo per assegnare la presidenza a favore di un esponente di Scelta Civica, Lorenzo Dellai.
Peccato che una parte consistente del partito di Epifani vorrebbe sostenere a oltranza il nome di Rosy Bindi e strappare così una poltrona che fa tanto immagine. Quanto alla sostanza, occorrerebbe piuttosto riflettere sull’utilità di questo organismo parlamentare. Delle due l’una: o si tratta di un club burocratico che arricchisce i curricula dei suoi membri con una vistosa medaglietta da professionista dell’antimafia e che certifica come lo Stato sia costretto a convivere con un fenomeno sempre più ramificato; oppure si tratta davvero di un prezioso sostegno all’attività di magistrati e forze dell’ordine ma allora i tempi del suo insediamento non possono cedere all’inerzia della spartizione politica: la mafia non aspetta e i suoi affiliati non lavorano dal martedì al giovedì come i parlamentari.
In attesa di un chiarimento, tocca così registrare la reazione sdegnata di alleati e pentastellati. Il capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta ha censurato l’«atteggiamento irresponsabile e inaccettabile di un Pd diviso in fazioni e lacerato al suo interno che finisce per paralizzare il Parlamento», mentre il suo omologo al Senato Renato Schifani è andato oltre: «Governare con chi non rispetta gli accordi di maggioranza risulta sempre più difficile. Quello consumatosi oggi in Commissione Antimafia è uno strappo ulteriore». Entrambi sono stati però scavalcati dai grillini, che hanno parlato di «ennesima vergogna», hanno chiesto la convocazione a oltranza della Commissione e intanto si sono presi una rivincita indiretta sul partito del presidente Napolitano: «Questi politici ‘se ne fregano’ della mafia o sono in gran parte collusi?».