22 ott – Sabato sarà la giornata della ‘trasgressione’ per le donne dell’Arabia Saudita che sfideranno le autorità e il divieto di guidare. Sono ormai arrivate a quota 20mila, secondo gli organizzatori, le adesioni online alla campagna ’26 Ottobre’. ”Tutti sostengono la campagna ’26 Ottobre’, giovani e anziani, ricchi e poveri, uomini e donne – ha sottolineato in dichiarazioni all’agenzia di stampa Dpa Hala Dossari, medico di Gedda, tra gli organizzatori della protesta – Non è un movimento femminista. E’ un movimento saudita”.
A pochi giorni dall’iniziativa non mancano accuse per le autorità. Secondo alcuni attivisti vengono bloccate connessioni Internet e cellulari. E si sarebbe anche arrivati a minacce di arresti per i familiari degli attivisti. ”Stanno facendo di tutto per metterci a tacere, ma non possono mettere a tacere un’intera societa”’, ha detto l’attivista Azizeh al-Yousef, citata dall’agenzia di stampa Dpa.
Molte saranno le donne che sabato si metteranno al volante nel regno nella speranza di dare nuovo impulso agli sforzi per la revoca del divieto di guidare. ”Viviamo in un’epoca in cui ci sono donne che sono ministri, parlamentari, professoresse – ha detto in recenti dichiarazioni alla Dpa Eman al-Nafjan, attivista e co-fondatrice della campagna ’26 Ottobre’ – E’ imbarazzante il fatto che si debba organizzare una protesta e violare la legge per rivendicare un semplice diritto di metà della popolazione”.
Nel 2007 re Abdullah aveva sostenuto che il divieto per le donne di mettersi al volante derivasse da una ”decisione della società” e corrispondesse alla ”volontà del popolo”. Nei giorni scorsi il Consiglio della Shura – l’organo consultivo saudita che conta 30 deputate tra i suoi 150 membri – ha bocciato la richiesta di tre parlamentari di discutere la revoca del divieto di guida per le donne. Sei anni dopo le parole di re Abdullah l’obiettivo della campagna, lanciata il 20 settembre scorso, è mandare un messaggio alla famiglia reale e al mondo intero: i tempi sono cambiati.
La protesta di sabato prossimo non è senza precedenti. Nel novembre del 1990 una quarantina di donne, tutte con un lavoro nel settore pubblico, si erano messe alla guida per accendere i riflettori sulla loro condizione, ma allora la protesta non aveva avuto grande riscontro. Oggi è diverso. ”Abbiamo un’intera generazione che è cresciuta con Internet e che è abituata a vedere donne che ricoprono incarichi di rilievo sia nel settore pubblico che nel privato – ha osservato Fawziya al-Bakr, professoressa universitaria che partecipo’ alla mobilitazione del 1990 – E non c’è più la stessa opposizione degli anni Novanta”.
Tra i sostenitori della campagna del 26 ottobre c’è anche il 25enne Mohammed al-Hamad, ingegnere di Riad. ”Ci sono più di 50 Paesi islamici in cui le donne possono guidare. Quelle società non sono state distrutte – ha commentato – Il fatto di guidare non va contro i principi dell’Islam”. adnk