11 ott – “La scelta del patteggiamento di mia moglie non è stata un’ammissione di responsabilità ma un modo per stabilizzare la famiglia nell’interesse dei miei quattro figli”. E’ questa la premessa che ha fatto Luigi Lusi, l’ex senatore sotto accusa per l’ammanco da oltre 23 milioni di euro dalle casse della Margherita. “In undici anni non ho mai avuto un atto scritto da eseguire perché così si opera nei partiti. Ho avuto solo ordini verbali – ha continuato – Non vi è traccia alcuna di documenti scritti tranne una transazione finanziaria di 25 milioni nel 2003″.
Lusi ha poi ricordato il suo incarico di tesoriere in seno al partito: “Rutelli mi ha sempre detto che Parisi, suo avversario all’interno del partito, era contrario che io avessi un contratto e prendessi un compenso per il mio lavoro di tesoriere”. Inoltre “fra la fine del 2005 e l’inizio del 2006 affronto con Rutelli la questione della mia candidatura a parlamentare, argomento che Rutelli aveva sempre evitato di affrontare. Lo divento nel 2006 perché ho accettato quel patto scellerato finalizzato a realizzare una serie di operazioni immobiliari”.
Lusi ha spiegato che l’acquisto della villa di Genzano e dell’appartamento in via Monserrato a Roma sarebbe avvenuto, per il tramite delle società da lui utilizzate, e sempre per indicazione che gli era stata data per utilizzare i fondi a disposizione. Lusi oltre all’appropriazione indebita deve rispondere anche del reato di calunnia in danno di Rutelli, per le accuse che ha lanciato contro l’ex leader della Margherita, sapendole non vere.
Lusi ha poi proseguito: “Con Rutelli il livello di riservatezza con Rutelli era altissimo, mi sarei fatto bruciare pur di non danneggiarlo. Quando avevo i pizzini con le indicazioni di pagamenti, li distruggevo subito perché il mio compito era tutelarlo e non affossarlo”. E poi ha aggiunto: “Avevo con lui un rapporto stretto, lui ci aveva sposato, ci conoscevamo da una vita, e sarebbe stato sleale per me entrare nel suo ufficio con un registratore in tasca”.
Lusi ha poi sottolineato: “Avevo deciso di dedicarmi a lui. Non era nelle mie corde preservare atti e documenti di cose che lui mi aveva chiesto di fare. Sarebbe stata una follia. Per preservare la sua corrente, incontravo il revisore dei conti, prima che venisse approvato il bilancio, indicandogli i punti deboli dello stesso. Abbiamo provato in tutti i modi a restituire i beni alla Margherita ma il partito non li ha voluti”