7 ott. – “Non puo’ dirsi che la malattia ha agito al suo posto anche se la patologia ha avuto un ruolo importante”. Lo scrivono i periti che hanno ‘studiato’ la capacita’ d’intendere e volere di Kabobo, il giovane di origine ghanese che uccise tre persone e ne feri’ altre a colpi di piccone a Milano. I periti riconoscono che il killer e’ “affetto da un disturbo mentale di natura psicotica grave”, compatibile “con una malattia dello spettro schizofrenico”. Ma sottolineano che “non ha commesso gli omicidi in totale assenza di coscienza, del tutto travolto dalla malattia”, com’e’ dimostrato dal fatto che “ricorda la numerosita’ delle vittime, il loro genere , le sequenza degli atti e le armi usate”.
Quanto al movente, un’ipotesi e’ che “in preda alla necessita di soddisfare i bisogni primari” e non essendo “in grado di soddisfarli per la limitatezza strutturale delle risorse emotive – cognitive e della confusione psicotica”, abbia messo in atto “un comportamento predatorio primitivo finalizzato all’acquisizione di tali risorse, senza operare una valutazione razionale del rapporto costi – benefici”.
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Quando l’11 maggio scorso, aggredi’ e uccise a colpi di piccone tre persone a Milano, Kabobo era capace di intendere e di volere e, quindi, puo’ essere processato. E’ questo l’esito della perizia sul giovane di origine ghanese che e’ stata depositata stamane da due periti.
“Al momento dei fatti la capacita’ di intendere era grandemente scemata, ma non totalmente assente – si legge nelle conclusioni della perizia – la capacita’ di volere era sufficientemente conservata”. Quindi Adam Kabobo “e’ capace coscientemente di partecipare al procedimento”.
Inoltre, i periti scrivono che “la pericolosita’ sociale psichiatrica e’ presente, in forma elevata”. Nel confuso ricordo della aggressioni a picconate, Kabobo racconta ai periti di avere sentito delle “voci” che “mi dicevano che la popolazione africana, la parte del nord, anche loro stavano uccidendo le persone a picconate, quindi mi sono sentito anch’io di fare la stessa cosa”. In altri passaggi dei colloqui coi consulenti, il giovane si definisce il “creatore del mondo”.