5 ott. – “Dopo aver ricevuto la segnalazione di allarme via radio uhf alle 7, siamo immediatamente intervenuti con le nostre unita’ navali arrivate sul posto del naufragio prima delle 7,20: grazie anche alla cooperazione di soggetti privati, abbiamo salvato tutti quelli che erano sparsi in acqua e strappato al mare 155 vite”.
Quarantotto ore dopo la strage di Lampedusa, la Guardia costiera si affida ai numeri per respingere le accuse di chi ha parlato di ritardi o parziali “omissioni” dei soccorsi: “dal primo gennaio a oggi sono stati oltre 28mila i migranti tratti in salvo, 8mila dei quali solo a settembre: tra questi ultimi 1.400 bambini”.
A innescare le polemiche, i racconti di alcuni dei soccorritori, secondo i quali si sarebbero potute salvare piu’ persone se la Guardia costiera, raccolto l’allarme, non avesse aspettato da Roma un non meglio precisato “protocollo”. Il punto resta da chiarire, anche se la definizione sarebbe sbagliata, comunque troppo enfatizzata, e sarebbe piuttosto il caso di parlare di procedure di soccorso in mare, le stesse adottate in tutti i casi come questo.
Quel che appare certo – come confermato anche dalla ricostruzione fornita ieri dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, alla Camera – e’ che l’avaria al barcone e’ da collocare tra le 4 e le 5 del mattino e i primi soccorsi dei diportisti intorno alle 7, non alle 6 o alle 6,30, come da alcune testimonianze riprese da media: una differenza, evidentemente, non da poco. La Guardia costiera – precisano ancora dal Comando generale – opera “con motovedette, elicotteri e aerei insieme con gli altri soggetti, Marina militare e Guardia di finanza, che cooperano al soccorso in mare: sono 37mila le miglia percorse dalle nostre motovedette in tutte le zone interessate dagli sbarchi”. (AGI) .