4 ott – L’incubo della giovane nigeriana, che da tempo vive e lavora in provincia, ha inizio la sera del 30 marzo dell’anno scorso. La ragazza era stata a Faenza ospite di un’amica, ma si accinge a ritornare a casa quando, arrivata alla stazione, viene informata dello sciopero del personale ferroviario. Sfortuna, ma nulla di cui preoccuparsi, perché può chiedere di nuovo ospitalità all’amica. E così, si appresta a percorrere a ritroso il tragitto fatto poco prima.
Sono circa le 20 di una sera di primavera e la ragazza non sa di essere già stata presa di mira da personaggi equivoci.
Nel tragitto viene avvicinata da un’auto; l’autista le offre un passaggio, che lei rifiuta. Che la cosa non finisca lì lo capisce poco dopo, quando viene avvicinata da due uomini e dall’auto. Il pericolo percepito dalla giovane si manifesta in tutta la sua concretezza, perché viene picchiata e derubata.
Ma il peggio deve ancora arrivare. La ragazza viene caricata a forza sull’auto, a bordo della quale si trovano i suoi cinque aguzzini, che la tengono ferma a terra, tra i sedili anteriori e quelli posteriori. Il branco vuole evitare che le richieste di aiuto della donna vengano sentite, così la porta fuori città.
E lì si scatena la violenza. La ragazza viene picchiata – anche con il calcio della pistola -, minacciata di morte, violentata, tenuta sequestrata per diverse ore. Poi, i cinque la caricano di nuovo in auto e la abbandonano in una zona periferica di Faenza. Lì, sanguinante e sotto shock, trova soccorso in un vigilante notturno, che capita la situazione chiama le forze dell’ordine e il 118. Al pronto soccorso verranno subito riscontrate sia le gravi lesioni fisiche sia la violenza sessuale.
E’ da questo momento che inizia la caccia. La giovane nigeriana fornisce fin da subito agli inquirenti dettagli importanti come il numero di targa quasi completo dell’auto, intravisto nel breve attimo in cui il guidatore ha acceso i fari.
Ma, soprattutto, è decisa a fare in modo che i suoi aguzzini vengano puniti, incurante delle minacce ricevute. E per farlo, si mette in gioco in prima persona. Sei mesi dopo quella notte da incubo, la ragazza torna a Faenza e nota, all’esterno di un locale pubblico, l’auto sulla quale era stata caricata. Entra, e chiede al titolare chi sia il proprietario. Lui non lo sa, ma lei non si arrende e comincia a fare la stessa domanda a tutti i presenti. Quando tutte le risposte sono negative passa alle vie di fatto: se il proprietario non si farà vedere lei comincerà a distruggere l’auto. A quel punto si fa avanti un uomo, che lei riconosce come uno dei violentatori e che subito segnala alla polizia.
Si tratta di un 37enne faentino, sul quale gli inquirenti cominciano a indagare, scoprendo qualche precedente. Il mandato di custodia cautelare lo raggiunge mentre si trova agli arresti domiciliari, alla fine di giugno 2012.
Un altro responsabile – un marocchino di 32 anni con precedenti per violenza sessuale – viene raggiunto dal mandato mentre si trova in carcere, sempre a fine giugno.
Il terzo arresto è avvenuto ieri. Questa volta, le manette si sono strette ai polsi di un 22enne di origine maghrebina ma nato a Lamezia Terme, al momento del suo rientro in Italia.
Per gli ultimi due componenti del branco, per ora sfuggiti alla giustizia, la Squadra mobile fa sapere che “ci sono elementi su cui lavorare”.
Per tutti, le accuse sono di rapina aggravata, violenza sessuale di gruppo con aggravanti, sequestro di persona, lesioni gravi, detenzione di armi da fuoco.
Le indagini sono seguite dal sostituto procuratore Roberto Ceroni.
Vania Rivalta – ravenna24ore.it