1 ott – Quattro anni di Merkel, quattro anni di crisi europea: quelli in cui, secondo il politologo tedesco Andreas Fisahn, l’austerità imposta da Berlino ha rovinato i paesi dell’Ue. Ora, riconfermata la cancelliera, ci attendono quattro anni ancora peggiori, se non si metterà mano alle regole dell’Unione Europea. Il disastro del rigore è davanti ai nostri occhi: oltre 25 milioni di disoccupati, di cui 4 in Italia. «La compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori ha creato decine di milioni di lavoratori poveri, a cominciare dalla Germania dove i salari reali, caso unico in Europa, sono oggi inferiori a quelli del 2000», spiega il sociologo Luciano Gallino. Quasi ovunque sono state brutalmente tagliate le pensioni – da noi ne sanno qualcosa gli esodati, ma non soltanto loro – insieme con i fondi per l’istruzione, la sanità, i trasporti pubblici. Grecia e Portogallo sono alla fame: oppressi dai diktat della troika, senza un solo vantaggio per i loro bilanci. In tutta l’Unione, i Comuni devono fronteggiare ristrettezze finanziarie mai viste, per continuare ad assicurare i servizi locali.
Questi disastrosi risultati delle politiche di austerità imposte dalla Germania dovrebbero bastare per concludere che è necessario cambiare strada, scrive Gallino in un intervento su “Repubblica” ripreso da “Megachip”. Per contro, i governi europei insistono sul sentiero del fallimento: «La loro persistenza nell’errore ha preso sempre più forma di misure autoritarie, ideate e avallate da Berlino, Francoforte e Bruxelles». Precisamente: «Hanno stanziato quattromila miliardi per salvare le banche, di cui oltre duemila impiegati soltanto nel 2008-2010, ma se i cittadini provano a dire che con 500 euro di pensione o 800 di cassa integrazione non si vive li mettono a tacere con cipiglio affermando che i tagli è l’Europa a chiederli».
Proprio l’autoritarismo dei governi Ue trova un solido alimento nella retorica in tema di sorveglianza e disciplina finanziaria della Bce: Francoforte parla di «processi di comando permanente», «regole rigorose e vincolanti di disciplina politico-fiscale», «credibilità ottenuta tramite sanzioni», «sorveglianza rafforzata sui bilanci pubblici» nonché di «robusti meccanismi di correzione» (leggasi pesanti sanzioni) che dovrebbero scattare in modo automatico.
«Allo scopo di contrastare sia le politiche dissennate che pretendono di curare la crisi ricorrendo alle stesse dottrine che l’hanno causata, sia il crescente autoritarismo con cui i governi Ue le impongono sotto la sferza costruita da Berlino ma brandita ogni giorno dalla troika di Bruxelles (che in realtà è un quartetto, poiché molte delle sue più aspre prescrizioni sono elaborate dal Consiglio europeo, di cui fanno parte i capi di Stato e di governo dei paesi Ue), esiste una sola strada», che per Gallino è «la riforma dei trattati Ue, ovvero dei trattati di Maastricht e Lisbona», in base ai quali funziona l’Unione. «I trattati particolari che ne sono discesi, fino all’ultimo dissennato “Patto fiscale”, che se fosse mai rispettato assicurerebbe all’Italia una o due generazioni di miseria, hanno come base il Trattato Ue, per cui da questo bisognerebbe partire». Riforme inderogabili? La prima si chiama democrazia: si tratta cioè di attribuire al Parlamento Europeo poteri reali, «laddove oggi chi elabora i veri atti di governo è un organo del tutto irresponsabile, non eletto da nessuno, quale è la Commissione Europea».
Poi, lo statuto della Bce: la banca centrale europea «dovrebbe includere la facoltà, sia pure a certe condizioni, di prestare denaro direttamente ai governi, rimuovendo l’assurdità per cui è l’unica banca centrale del mondo cui è vietato di farlo».
Inoltre, Francoforte dovrebbe porsi formalmente «lo scopo di promuovere la piena occupazione», e non solo l’attuale preoccupazione per la stabilità dei prezzi, «un vincolo miope imposto a suo tempo dalla Germania che non ha ancora elaborato il lutto per l’inflazione del 1923». Gallino invoca la revisione del Trattato Ue e «una graduale riforma radicale del sistema finanziario europeo volta a ridurre i suoi difetti strutturali», il primo dei quali è l’opacità insieme allo strapotere delle banche: «Il sistema bancario ombra pesa nella Ue quanto il totale degli attivi delle banche». Serve assolutamente disporre della «facoltà di creare denaro dal nulla», mentre Bruxelles «si preoccupa soprattutto di liberalizzare ogni aspetto del sistema stesso, con i risultati disastrosi che si sono visti dal 2008 in avanti, in special modo in Germania».
Di fronte alla riforma radicale di cui c’è urgenza, i mini-interventi di vigilanza bancaria o l’unione bancaria sono «palliativi da commedia di Molière». Per Gallino, l’intero trattato fondativo dell’Unione Europea «dovrebbe essere riveduto in modo da prevedere modalità concrete di partecipazione democratica dei cittadini a diversi livelli di decisione, dai Comuni ai massimi organi di governo dell’Unione». Come diceva Hannah Arendt, senza partecipazione la democrazia non è niente.
Instaurare la democrazia a Bruxelles: mission impossibile? Finora sicuramente sì, visti i politici al potere, dall’Italia alla Germania. Ma sarebbe il caso di cominciare a parlarne, «anche perché l’alternativa è quella di continuare a discutere per altri venti o trent’anni, intanto che il paese crolla, di come fare a ridurre il deficit di un decimo dell’un per cento».