3 AGO – ”La pena, in Tunisia o in Italia, deve essere eseguita!” Lo hanno chiesto al ministro di Giustizia e al Procuratore Generale di Palermo le associazioni dei familiari delle vittime dei disastri aerei di Capo Gallo e di Milano Linate. L’istanza arriva dopo la sentenza definitiva della cassazione sulle condanne dei sette imputati tunisini (liberi nel loro Paese) per il disastro dell’ATR72 (6 agosto 2005) che costò la vita a 14 turisti pugliesi e a due membri dell’equipaggio.
Secondo l’accusa, l’incidente fu causato da un errore umano. I motori del velivolo smisero di funzionare perchè era finito il carburante, ma nessuno se ne accorse: sull’aereo, infatti, erano stati montati indicatori di carburante di un altro modello di Atr. Il pilota, inoltre, pure essendosi accorto che i motori si era spenti, e pur avendo il tempo di atterrare a Palermo, proseguì il volo.
A tutti gli imputati, accusati a vario titolo, di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravissime, la corte d’appello di Palermo ha riconosciuto le attenuanti generiche. Al comandante Chafik Gharby è stata inflitta una condanna a 6 anni e 8 mesi (in primo grado ne aveva avuti 10). Una pena di 6 anni di reclusione è stata inflitta al pilota Ali Kebaier (10 anni in primo grado), al direttore generale della Tuninter Moncef Zouari e al direttore tecnico Zoueir Chetouane (entrambi nove anni nel primo processo). Condannati a 5 anni e 8 mesi il responsabile del reparto di manutenzione Siala Zouehir; il meccanico Nebil Chaed e il responsabile della squadra manutenzioni Rhouma Bal Haj (8 anni ciascuno in primo grado).“
Con il governo che ci troviamo faranno un casssss