I quasi 3 milioni i lavoratori in nero presenti in Italia producono, con le loro prestazioni, 102,5 miliardi di Pil irregolare all’anno (pari al 6,5% del Pil nazionale), “sottraendo” alle casse dello Stato 43,7 miliardi di euro di gettito.
E’ quanto emerge da uno studio della Cgia di Mestre, secondo il quale, a livello territoriale, la Regione piu’ “colpita” e’ la Calabria, mentre l’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare su quello regolare e’ pari al 18,6%. In generale e’ tutto il Sud a soffrire la presenza dell’economia sommersa: quasi la meta’ (19,2 miliardi su 43,7 miliardi) del gettito potenzialmente evaso e’ in capo alle regioni del Sud.
I numeri, riferiti al 2011 (ultimo anno disponibile), sono stati elaborati dalla Cgia che ha misurato il peso economico del lavoro sommerso presente in Italia e ha definito i lavoratori in nero come unita’ di lavoro standard, ovvero come se ci fossero 3 milioni di persone che per otto ore al giorno eseguono una attivita’ irregolare.
Si tratta di una piaga che vede coinvolti milioni e milioni di persone: lavoratori dipendenti che fanno il secondo lavoro; cassaintegrati o pensionati che arrotondano le loro magre entrate, disoccupati che in attesa di rientrare ufficialmente nel mercato del lavoro sbarcano il lunario “grazie” ai proventi di una attivita’ irregolare. “Con la crisi economica – esordisce il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – l’economia sommersa ha subito una forte impennata. In questi ultimi anni chi ha perso il lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa. Una situazione che ha coinvolto molti lavoratori del Sud espulsi dai luoghi di lavoro”.- Dallo studio della Cgia emerge che la Regione piu’ a “rischio” e’ la Calabria che presenta 181.100 lavoratori in nero e un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil pari al 18,6%. Questa situazione, secondo l’elaborazione della Cgia, si traduce in 1.375 euro di imposte evase in capo ad ogni singolo residente della Regione Calabria.
Segue la Basilicata che con appena 45.600 unita’ di lavoro irregolari “produce” un Pil in “nero” che pesa su quello ufficiale per il 14,7%: le tasse che mediamente vengono a mancare in Basilicata per ciascun residente sono pari a 1.174 euro all’anno. Al terzo posto di questa particolare graduatoria troviamo il Molise: con 27.000 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella ufficiale pari al 14,6%, le imposte non versate per residente sono pari a 1.282 euro all’anno. “Con la presenza del sommerso – conclude Giuseppe Bortolussi – la profonda crisi che sta colpendo il Paese ha effetti economici e sociali meno pesanti di quanto non dicano le statistiche ufficiali. E’ evidente che chi pratica queste attivita’ irregolari fa concorrenza sleale nei confronti degli operatori economici regolari che non possono o non vogliono evadere. Ma nel Mezzogiorno possiamo affermare che il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro – prosegue Bortolussi – nessuno di noi vuole elogiare il lavoro nero spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarieta’ e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarita’ non sono legate ad attivita’ riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate costituiscono in questi momenti cosi’ difficili un paracadute per molti disoccupati o pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese”. (AGI) .