“Pioggia di soldi a destra e a manca” è il titolo di uno studio del Financial Times, pubblicato qualche giorno fa. La nota, dal titolo talmente eloquente – e dal contenuto talmente vergognoso dà la misura di quanto i partiti facciano di tutto per non arrivare all’abolizione del finanziamento pubblico
Al “centro-sinistra” – si legge nella nota di Pmli – a parte i 98mila euro dati dal gruppo Riva a Bersani spiccano anche i 15mila euro dati dal re delle slot machines Antonio Porsia a Enrico Letta; mentre Nichi Vendola si è pagato i manifesti coi 40mila euro del truffatore dei tributi Giuseppe Saggese.
Ben foraggiato anche il senatore dalemiano del PD Nicola Latorre che ha ricevuto donazioni per 225.000 euro. Tra i suoi finanziatori spicca la Isvafim, la società di multiservizi del plurinquisito e condannato per corruzione Alfredo Romeo, che ha contribuito con un sostegno di 30.000. Altri 30.000 euro sono arrivati da Colonna Prima di Roma (che possiede le più suggestive terrazze romane), 30.000 ancora da Italiana Costruzioni e ben 50.000 da Sorgente Group; infine L’Italiana Costruzioni di Roma che ha donato altri 30.000 euro mentre altri 50.000 al PD di Messina sono arrivati dalla Caronte&Tourist di Messina, che gestisce i traghetti per lo Stretto.
Il Centro democratico di Bruno Tabacci, che col suo pugno di voti ha consentito al PD di ottenere il premio di maggioranza a Montecitorio, ha messo a frutto i 30.000 euro della Isvafim di Romeo e i 50.000 versati dal candidato Nicola Benedetto.
La coalizione Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia si è giovata del patrimonio di finanziamenti pubblici accumulato da Italia dei Valori che ha tirato fuori un milione di euro per la campagna nazionale, 50.000 per quella regionale laziale. Il partito di Antonio Di Pietro ha anche donato 50.000 per il comitato promotore per il referendum sul lavoro; 40.000 a Giovanni Favia, consigliere emiliano ex Movimento Cinque Stelle; 30.000 ad Antonio Borghesi, ex capogruppo a Montecitorio e 20.000 per Ambrosoli candidato governatore in Lombardia.
La stessa cosa ha fatto il PDL che ha messo insieme un contributo di 5,6 milioni derivante dalla liquidazione dell’ex AN più un paio di milioni della defunta Forza Italia a cui si sono aggiunti i bonifici che variano da 9.600 a 15.000 dei candidati eletti con alla testa i 57.400 euro di Paolo Bonaiuti e i 35.000 a testa scuciti da Sandro Bondi e Ghedini. Mentre per l’ascesa in politica, l’imprenditore Bernabò Bocca ha contribuito alla sua elezione con 25.000.
Il PD vanta invece tra i suoi massimi finanziatori il padrone Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada, che ha contribuito alla campagna di Pier Luigi Bersani con 100.000 euro. La stessa cifra elargita anche dalla ditta bolognese Seci. Ad Alessandria la ditta piacentina Antas ha tirato fuori 30.000 euro mentre la Ingegneria Biomedica Santa Lucia finanziatrice particolare di Bersani ha versato quasi 50 mila euro. A Cesena le cooperative – da Conscoop e la Gesco Consorzio – non hanno fatto mancare il proprio sostegno con versamenti da 5.000 euro a testa. Mentre a Ferrara, la Concordia Soc. Coop. Sale a 15.000 euro e a Pisa la Cittadella Spa di Pontedera ne tira fuori altri 25.000.
Magna magna anche la Lega: per la Lega nord, tra i versamenti detratti spesso in busta paga dei parlamentari uscenti e poi di nuovo entranti, spiccano i 29 mila euro di Roberto Maroni; un favore che il partito ha ricambiato con i 450.000 investiti per la scalata al Pirellone. Si fanno notare anche i 71.000 euro di Roberto Calderoli e i 15.000 di Carbotermo spa, una società che gestisce gli impianti di riscaldamento sempre al Pirellone.
L’UDC, oltre ai grandi capitali di famiglia Caltagirone, suocero di Pier Ferdinando Casini, ha raccolto importanti contributi dal distributore Sidam srl (200.000 euro) e dal costruttore Donati (100.000). A Roma il partito riceve 10.000 anche dal Teatro di Marcello. Mentre L’Italiana Costruzioni di Roma ha dato altri 25.000 all’UDC romano.
I Cristiano Popolari di Mario Baccini & Giuseppe Galati hanno raccolto 130.000 euro provenienti da Milano 90 srl, la società che affittava immobili al Parlamento e che ora attraversa la burrasca economica dopo aver perso numerose commesse, che ha elargito 35.000 euro in tre rate. 18.000 euro da Prai Trading& Shipping: imbarcazioni di lusso e costruzioni futuristiche e altri 10.000 euro dal Consorzio Laziale Rifiuti.
La politica è costata cara al banchiere Gianpiero Samorì, piccolo satellite nella galassia del “centro-destra” con il suo Movimento Italiani in Rivoluzione. Lo 0,2% dei voti ha richiesto una spesa di 500.000 euro da parte di Modena Capitale, la capogruppo degli affari di Samorì. L’avvocato e scrittore Alfonso Luigi Marra, conosciuto per la relazione (soprattutto mediatica) con Sara Tommasi, ha pagato 140.000 euro il suo giocattolo chiamato Partito di Azione per lo Sviluppo.
Il Grande Sud dell’ex berlusconiano Gianfranco Micciché ha incassato in tutto mezzo milione di euro. La Immobiliare Malu di Roma ha contribuito con 110.000 euro; altri 40 mila sono arrivati dalla Caronte&Tourist di Messina, che gestisce i traghetti per lo Stretto, 30 mila dalla siciliana Kemeko, 20 mila da Autostrade di Palermo, 20.000 anche dalla Geocart di Potenza e 20 mila dalla Sud’altro, studi e ricerche sul Mezzogiorno.
Il padronato “elargisce”: tra i protagonisti dei finanziamenti milionari dei padroni a favore delle cosche parlamentari che nel recente passato hanno condizionato le campagne elettorali spiccano senza dubbio i Benetton, che nel 2006 divisero equamente 1,1 milioni tra Forza Italia, AN, Lega, UDC, DS, Margherita e Prodi; e figurano i padroni del mattone Bonifaci, Salini e Gavio; i Riva, Della Valle, Zamparini, Caprotti, Romeo, Merloni.
Il record spetta a Publitalia 80, la concessionaria pubblicitaria di Mediaset, la più potente d’Italia ancora oggi che ha finanziato con 42 miliardi in sei anni, dal ’94 al 2000 Forza Italia e tutti i suoi alleati fra cui Alleanza nazionale, Lega nord e UDC, ma anche la lista Pannella e Bonino Presidente.
I padroni dell’Ilva, padre Emilio Riva, assieme ai figli Nicola e Fabio, tutti agli arresti domiciliari per l’inchiesta sul siderurgico di Taranto, nel 2006 finanziarono la campagna elettorale di Pier Luigi Bersani con 98 mila euro. L’ex leader del PD diventò ministro dello Sviluppo economico. Ma due anni prima, i Riva, avevano elargito 330 mila euro a Forza Italia attraverso tre bonifici. Più altri “spicci”, ai berlusconiani di Bari, Taranto e Milano.
I Merloni, proprietari dell’omonima azienda legata al mondo degli elettrodomestici e della termoidraulica, nel 1994 finanziarono con un assegno da dieci milioni Beniamino Andreatta; altri 30 milioni andarono a Gerardo Bianco, 60 al Partito Popolare e 80 per la neonata Forza Italia. Ma la generosità padronale non finisce qui: ecco 270 milioni al Patto Segni, sotto la formula del “deposito fruttifero a garanzia di scopertura bancaria” e altri 20 per il suo leader Mario Segni. Al turno successivo nel 1999 i Merloni cambiano cavallo e offrono 50 milioni ai DS, altrettanti al CCD.
A partire dal 2001, con l’entrata in vigore dell’euro, anche le cifre raddoppiano. A Francesco Rutelli che disse: “mangio pane e cicoria” i Merloni fecero arrivare subito 100 mila euro; mentre altri 10 mila andarono al Patto Segni e all’UDEUR.
Nel 1994 Parmacotto si presenta con 100 milioni per Forza Italia e altrettanti per il candidato locale, Elio Massimo Palmizio. Non meno generoso è mister Idrolitina, alias Giuseppe Gazzoni Frascara, candidato nel 1995 a sindaco di Bologna. Tra il 1994 e il 1996 si presenta con oltre 300 milioni tra Forza Italia e il CCD.
Scambi di favori e aiuti reciproci anche tra Berlusconi e Diego Della Valle. Il padrone della Tod’s e della Fiorentina nel 1994 finanzia la discesa in campo del cavaliere e si presenta da Forza Italia con 100 milioni, mentre al Patto Segni ne offre ben 135.
Molto generosi anche col grande amico Mastella a cui i Della Valle nel 1998 danno 50 milioni per i Cristiano Democratici per la Repubblica e altri 150 mila direttamente all’UDEUR per la campagna del 2006, a firma di Andrea (altri 100 mila per la Margherita, da parte di Diego, maggiore dei fratelli).
Quindi non è un caso il fatto che insieme alla passione politica, cresce anche il pacchetto di aziende dei Della Valle tanto da entrare stabilmente a partire dal 2011, nella classifica di Forbes dedicata agli uomini più ricchi al mondo.
Maurizio Zamparini, boss di destra nel campo immobiliare e commerciale, nel 1994 batte ogni record con due “assegni” da 250 milioni l’uno, a favore del defunto MSI, in procinto di trasformarsi in Alleanza nazionale. Nel 2001 diventano 200 mila euro; 103 nel 2006 al CCD, mentre nel 2008 finanzia l’MPA di Lombardo con altri 100.
Finanziamenti “sospetti”: poi c’è Alfredo Romeo che definiva i politici come “delle cavallette! Anzi, delle iene” ma pagava tutti: 27.900 euro nel 2002 ai DS di Roma, 12 a Forza Italia. Altri 20, sempre al partito di Fassino, per il 2005. E ancora 30 mila nel 2013 a Nicola Latorre, 25 al Centro Democratico. Oppure a Torino nel 2001: 30 mila per il sindaco Sergio Chiamparino, 40 mila a Forza Italia. Infine, ha dato 60 mila euro a Renzi per le primarie. Elargizioni a dir poco sospette se si pensa che il business di Alfredo Romeo riguarda proprio i servizi offerti agli enti pubblici. Il 13 aprile di quest’anno la terza sezione della Corte d’appello di Napoli lo ha condannato a tre anni per corruzione. Poche settimane prima aveva vinto una gara bandita dall’Anci per diventare partner della società che si occuperà della riscossione dei tributi.
E poi ancora Sergio Scarpellini, palazzinaro d’oro a Roma che, dopo aver vinto l’appalto degli affitti di Montecitorio nel 1997, dona 50 milioni di lire ai DS calabresi e poi 48 mila euro ai DS romani, successivamente foraggia il PD nazionale con altri 200 mila euro. 100 mila euro li destina anche all’UDC, 50 mila al PDL, 35 ai Cristiano Popolari di Baccini e 25 ai leghisti.
Il costruttore romano Domenico Bonifaci, in occasione della campagna elettorale fra Romano Prodi e Silvio Berlusconi, diede in prestito 3 miliardi di lire al PDS. I DS in giro per l’Italia, e in particolare nella Capitale, hanno sempre potuto contare sui signori del mattone. Salini non si è sprecata, scarsi 100.000 divisi fra le varie sezioni “rosse”, stessa cifra per Italiana Costruzioni che, però, ne ha dati 25 mila all’UDC, più 120 milioni del ’96 al PDS. I DS di Roma, a colpi di 10 milioni di lire poi diventati 20 mila euro, sono stati finanziati tanto dai potenziali o reali clienti come Romeo di Global Service o come Mondialpol che ha creduto anche nei progetti di Marrazzo presidente del Lazio o dell’UDC di Casini. La bolognese Astaldi, che realizza grandi opere, ha dato 100 mila euro a Forza Italia ma anche 70 mila ai DS. I Cantieri Italiani di Pescara, con piccole somme di 5 mila euro, hanno a lungo foraggiato il “centro-sinistra” in Abruzzo: dai Democratici di Sinistra al Partito popolare hanno effettuato più di 30 donazioni.
Tra i grandi finanziatori va ricordato Giannino Marzotto che in un colpo solo diede un milione di euro ciascuno a Forza Italia e Lega nord.
Il padrone di Esselunga, Bernardo Caprotti, non ha mai nascosto le sue preferenze politiche e ha sempre finanziato i candidati di Forza Italia con bonifici di 20 milioni di lire tra il 1996 e il 2000. Nel 2002 Caprotti stacca un assegno a suo nome di 200 milioni di lire per Forza Italia mentre l’anno prima la controllata Orofin ne aveva dati altri 500. Anche i centristi di Casini (CCD) sono nelle grazie di Caprotti, che contribuisce con 210 milioni di lire in due rate”.
L’elenco si conclude con la famiglia Benetton che “nel 2006, in vista della fusione tra Autostrade per l’Italia e la spagnola Albertis, investe per il proprio tornaconto 1,1 milioni di euro in campagna elettorale e li distribuisce, sotto forma di donazioni, a tutti i partiti in lizza: 150 mila euro ciascuno per la coalizione di “centro-destra”, Alleanza nazionale, Forza Italia, Lega nord e UDC; stessa cifra per la coalizione di “centro-sinistra”, Comitato per Prodi, Democratici di Sinistra, La Margherita. 50 mila euro vanno anche all’UDEUR di Mastella”.