23 lug. – No alla sola misura cautelare in carcere per chi e’ indagato per violenza sessuale di gruppo. I “gravi indizi di colpevolezza” non rendono automatica la custodia in carcere, ma il giudice puo’ anche stabilire che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure alternative alla detenzione.
Lo ha sancito la Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimita’ parziale dell’articolo 275, terzo comma, del codice di procedura penale, modificato con il decreto legge sullo stalking, come gia’ fatto, con precedenti pronunce, in relazione ad altri reati, tra cui il traffico di stupefacenti, l’omicidio, e delitti a sfondo sessuale e in materia di immigrazione. “Cio’ che vulnera i parametri costituzionali – si legge nella sentenza n.232 depositata oggi – non e’ la presunzione in se’, ma il suo carattere assoluto, che implica una indiscriminata e totale negazione di rilevanza al principio del ‘minore sacrificio necessario'”.
Invece, spiegano i giudici della Consulta, “la previsione di una presunzione solo relativa di adeguatezza della custodia carceraria, atta a realizzare una semplificazione del procedimento probatorio, suggerita da aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma comunque superabile da elementi di segno contrario, non eccede i limiti di compatibilita’ costituzionale, rimanendo per tale verso non censurabile l’apprezzamento legislativo circa la ordinaria configurabilita’ di esigenze cautelari nel grado piu’ intenso”. (AGI) .