11 lug – La Corte dei Conti interviene a gamba tesa sull’inchiesta per le spese folli dei consiglieri regionali del Piemonte. Con una sentenza ha dichiarato che per tali spese vige l’immunità. Dunque, passando dalle parole ai fatti, gli eletti in Regione non sono obbligati a dichiarare i “perché”, e non potrà essere acquisita nemmeno la documentazione relativa agli ultimi dieci anni di legislature.
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E con quale motivazione? «La costituzione, con l’articolo 122 comma 4 dicono in sostanza sancisce che i consiglieri regionali non possono essere giudicati nell’esercizio delle loro funzioni. Secondo la nostra interpretazione l’attività del Consiglio diretta a reperire risorse per il funzionamento e l’esercizio delle funzioni non può essere messa in discussione, anche tutta quella movimentazione di denaro è coperta da immunità».
Sono 56 i consiglieri indagati per peculato dalla procura ordinaria e da quella della Corte dei conti.
La procura presso la Corte dei Conti di Torino ricorrerà contro la sentenza. La richiesta di estendere i controlli sui rimborsi era partita dal pm Corrado Croci, ma questa è stata poi rimandata indietro con esito negativo. Una interpretazione definita come “inaccettabile e giuridicamente infondata” per la procura contabile.
Due tesi a confronto: quella degli investigatori, convinti che i politici debbano giustificare il proprio comportamento e dimostrare che i soldi spesi sono serviti effettivamente all’attività politica del Consiglio regionale
“Le sezioni riunite della Cassazione – è la posizione della procura della Corte dei Conti appresa in ambienti giudiziari – si sono espresse in modo diverso, così come la Corte dei Conti del Lazio, che ha invece autorizzato la procura a chiedere la presentazione del rendiconto delle spese ai capigruppo”.