La riforma Fornero è un disastro, frena la crescita e l’occupazione

fornero24 giu – La riforma Fornero non funziona, e non crea le condizioni per la creazione di nuovi posti di lavoro. E’ quanto emerge da un sondaggio realizzato dalla Fondazione studi del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro all’interno della categoria e presentato oggi in occasione della giornata conclusiva del Festival del lavoro organizzato dai professionisti a Fiuggi. Secondo l’indagine, infatti, negare ai datori di lavoro gli sgravi per la mobilita’ ha comportato riflessi negativi sull’occupazione dell’80%. Ne e’ convinto il 42% dei consulenti del lavoro intervistati, mentre un altro 35%, inoltre, ritiene che l’operazione di riduzione condotta dal precedente governo, abbia influito per il 50% delle assunzioni.

Secondo i consulenti ”sono dati molto preoccupanti quelli emersi dal sondaggio che la Fondazione studi ha portato a termine per verificare lo stato dell’arte delle novita’ introdotte dalla legge 92/12 dopo quasi un anno dall’entrata in vigore, e l’esito non fa che confermare il quadro poco edificante gia’ emerso”.

Per i professionisti, ”proprio mentre il nuovo governo sta discutendo sull’utilita’ di apportare alcune modifiche alle norme in materia di lavoro, e’ bene capire dove intervenire e in che modo l’occupazione abbia risentito in negativo proprio delle regole introdotte dalla riforma. L’esito e’ categorico: la riforma Fornero -insistono i consulenti- non sta funzionando, non fa decollare il lavoro, non permette che si creino le condizioni per avviare nuovi posti, perche’ la rigidita’ e le incertezze contenute portano i datori all’immobilismo”.

Secondo i consulenti ”per l’associazione in partecipazione (notevolmente revisionata), l’auspicata trasformazione in rapporti di lavoro subordinato e’ avvenuta solo per il 7% dei casi, mentre l’83% degli associanti attende modifiche alla norma prima di valutare se procedere con le trasformazioni o con la risoluzione dei contratti in essere. Il caso Golden Lady -aggiungono i consulenti- rappresenta un’eccezione”.

Sempre secondo i dati del sondaggio dei professionisti ”il contratto a tempo determinato senza causale non sta incoraggiando l’avvio di nuovi rapporti di lavoro. Per le alternative al lavoro a progetto, invece, i committenti non sono orientati di certo al contratto a tempo indeterminato (3%) e nemmeno al contratto di apprendistato (21%), ma piuttosto al contratto a termine (43%) e ad altri contratti (33%). Si potrebbe pertanto creare proprio l’effetto contrario allo spirito della riforma: il proliferare di contratti a termine”.

E anche i licenziamenti, con i cambiamenti sull’articolo 18, sono stati sotto la lente della Fondazione studi per capirne gli effetti. Ed e’ emerso che il 38% dei lavoratori non avverte una maggiore preoccupazione, mentre il 46% non ha nemmeno capito quali sono le novita’ e cosa comportano. Solo il 16% di dichiara preoccupato. Secondo i professionisti le commissioni di conciliazione presso le Dtl, che devono esaminare con le parti interessate i casi di licenziamento economico, per il 37% delle ipotesi hanno permesso di raggiungere un accordo di risoluzione consensuale tra datore e lavoratore, mentre per il 57% dei casi il licenziamento e’ avvenuto ugualmente. Solo il 6% dei datori ha ritirato il licenziamento a seguito dell’intervento della commissione.

Ma l’indagine dei consulenti si spinge oltre ed esamina se sia avvenuto l’aumento dei contratti a termine e in che modo questo aumento sia suddiviso nelle diverse categorie. Alla richiesta se siano aumentati i contratti a tempo determinato il 68% dei consulenti del lavoro interpellati ha risposto ‘no’, mentre al restante 32% che ha risposto ‘si’, sono state sottoposte ulteriore richieste con il fine di specificare meglio e nel dettaglio per quali contratti si sia verificato un calo. I contratti a temine sono aumentati perche’ sono calati i contratti a progetto, le partite iva e i lavoratori intermittenti? Per circa la meta’ (51%) la risposta e’ stata positiva. Nel dettaglio le stipule di questi 3 contratti hanno influito nel seguente modo: i lavoratori a progetto sono calati del 43%, le partite iva del 27% e gli intermittenti del 30%.

Altro punto dolente, secondo i consulenti del lavoro, e’ la riforma dell’apprendistato, ”un contratto rivolto ai giovani -spiegano i professionisti- che pero’ stenta a riprendere slancio a causa degli infiniti vincoli su formazione, percentuali di conferma obbligatorie, adempimenti formali, durata minima, limiti numerici. Il quadro di insofferenza emerge molto chiaramente dall’indagine e al primo posto tra i vincoli sopra elencati ci sono la formazione (63%) e gli adempimenti formali (47%)”.

”Non ultimo per importanza -continuano i professionisti- il contratto di lavoro intermittente che in questi anni ha rappresentato, grazie alle numerose modifiche introdotte ante legge Fornero, un’ottima possibilita’ di creare lavoro flessibile proprio nei settori dove prima c’era maggiore ricorso al lavoro sommerso. Cosi’ i vincoli di comunicazione dettagliata e con limitati canali utilizzabili (sms e mail), apportati dalla legge 92/12 e poi ristretti da ulteriori provvedimenti, hanno fatto decidere ai datori di lavoro di cessare i rapporti di lavoro a chiamata avviati ‘ante riforma’, senza pero’ provvedere a riassumere il medesimo lavoratore con altre forme contrattuali. Il 43% degli intervistati ha affermato che questo -concludono i professionisti- e’ accaduto all’80% dei contratti, inoltre, il 39% l’ha visto verificarsi per il 50% dei casi”.