24 giu – Il deficit di bilancio dell’Italia si attesterà al 3 per cento del Pil nel 2013, mentre il debito pubblico segnerà un picco al 144 per cento del Pil. Le previsioni sono contenute nel rapporto annuale della Banca dei regolamenti internazionali, e sono state elaborate in base alle cifre previsionali di Ocse e Fondo monetario internazionale.
Nell’area dell’euro le tensioni sui debiti pubblici “hanno compromesso la qualità degli attivi” delle banche, mentre il ristagno dell’economia ne ha abbassato i ricavi. “Sono cresciute le sofferenze, specie presso le banche italiane e spagnole, portando a un brusco aumento degli accantonamenti per perdite su crediti”. Lo rileva la banca dei regolamenti internazionali nel capitolo sulle banche inserito nel suo rapporto annuale.
Da una tabella, emerge che nel 2012 le banche italiane monitorate, tre, sono state le uniche a registrare come insieme un livello negativo di utili al lordo delle imposte, un meno 0,06 per cento rispetto agli attivi totali. Gli accantonamenti sulle perdite hanno raggiunto lo 0,95 per cento degli attivi, ma in questo caso il dato più elevato è quello della Spagna con un 1,49 per cento.
Detto questo, “il culmine della crisi è passato”, afferma la Banca dei regolamenti internazionali, e ora l’obiettivo deve esser quello di tornare a una crescita forte e sostenibile. Ma secondo l’istituzione, che ha sede a Basilea questo, questo non può che passare per la strata del rigore sulle finanze pubbliche e delle riforme strutturali dell’economia. E mettendosi in antitesi con coloro che chiedono di allentare l’austerità sui bilanci, la Bri afferma nel suo rapporto annuale che “i governi devono raddoppiare gli sforzi sui conti pubblici”.
Ma tutti sono chiamati a fare la loro parte. Gli organi di regolamentazione devono adeguare le regole a un sistema finanziario sempre più interconnesso e assicurare che le banche si dotino di risorse commisurate ai rischi.
E contestando un’altra argomentazione dei fautori della linea morbida, la Bri esorta esplicitamente le Bance centrali ad orientarsi verso lo studio delle opportune strategie di uscita dalle misure anticrisi tenute negli anni passati.
In questi anni si sono viste costrette a cercare modi per allentare maggiormente le politiche monetarie. Ma le banche centrali non possono risolvere i problemi strutturali che impediscono il ritorno a una crescita, non possono risanare i bilanci delle famiglie e delle istituzioni finanziarie, dice la Bri, non possono garantire la sostenibilità dei conti pubblici e soprattutto non possono attuare le riforme strutturali economiche e finanziarie necessarie per ricondurre le economie sulla strada della crescita reale.
Le politiche di allentamento delle banche centrali durante la ripresa sono state un modo per “prendere in prestito” tempo: Ma ora questo tempo deve essere usato saggiamente, avverte l’istituzione, perché il saldo fra costi e benefici “si sta deteriorando”.
L’Italia è tra i paesi con il minor bisogno di correggere i conti pubblici da qui al 2040, tenendo conto delle spese legate all’invecchiamento della popolazione. E’ quanto emerge dal rapporto annuale della Banca dei regolamenti internazionali, che contiene una tabella proprio sul fabbisogno di risanamento dei paesi sui periodo 2014-2040.
Intanto l’istituzione afferma, riguardo al bisogno della correzione dei conti, che in Italia serve una correzione pari a 4 punti percentuali di Pil, il terzo dato più basso tra i paesi avanzati dopo Svezia (1,3 punti) e Germania (3,4 punti).
La Francia ha bisogno di correggere i conti per 5,4 punti di Pil, prosegue la Bri, la Spagna per 10,4 punti, la Gran Bretagna per 13,2 punti e gli Usa per 14,1 punti. Maglia nera il Giappone, che avrà bisogno di una correzione da 14,9 punti.
(TMNEWS)