Omicidio Rostagno: sentiti a porte chiuse agenti dei servizi segreti

rostagnoTrapani, 19 giu. – Udienza “top secret” oggi nell’aula bunker della Corte d’Assise di Trapani per il processo sull’omicidio del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, ucciso in contrada Lenzi a Valderice il 26 settembre 1988. In mattinata sono stati ascoltati a porte chiuse due funzionari dei servizi segreti, la cui identita’ non e’ stata resa nota neppure ai pubblici ministeri e ai difensori, ai quali e’ stato concesso di accedere in aula solo dopo l’ingresso dei due testi, occultati da un paravento.

Le loro audizioni erano state richieste per approfondire la pista sul presunto traffico d’armi e l’eventuale ruolo svolto dai servizi segreti. Il pubblico e’ stato riammesso in aula nel pomeriggio per l’escussione di due carabinieri che furono tra i primi a recarsi sul luogo del delitto dopo l’assassinio. Un’udienza a singhiozzo, piu’ volte sospesa a causa di continue interruzioni dell’energia elettrica. Imputati sono il capomafia trapanese Vincenzo Virga come mandante e Vito Mazzara, accusato di essere uno dei killer. La Corte ha deciso che il prossimo 17 luglio sara’ nuovamente sentita Chicca Roveri, la compagna di Mauro Rostagno. (AGI) .

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Continue interruzioni dell’energia elettrica durante l’udienza… non sarà un avvertimento? Anche la notte che uccisero Mauro Rostagno ci fu un guasto improvviso alla cabina dell’Enel, come spiega questo articolo.

… e adesso vi dico perché e da chi fu ucciso il 26 settembre 1988 il sociologo-giornalista Mauro Rostagno

Mauro Rostagno è stato ucciso il 26 settembre 1988 perchè aveva scoerto cose segretissime in ordine al traffico d’armi Italia-Somalia. Per questo stesso identico fatto, alcuni anni dopo sono state assassinate altre persone e precisamente il maresciallo Antonino Li Causi, anch’egli del Sismi, ucciso il 12 novembre 1993 in Somalia, i giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ucisi a Mogadisio sempre in Somalia il 20 marzo 1994. E ancora nel 1998 è stato ucciso un altro giornalista tal Carlo Mavroleon il quale fu trovato misteriosamente privo di vita in una stanza d’albergo di Karachi in Pakistan, dove era andato per realizzare un servizio per una Network americana.

Infine è stato ucciso il giornalista della televisione Svizzera Vittorio Lenzi, il quale realizzò delle riprese molto importanti in ordine all’omicidio di Ilaria Alpi e cioè quelle che mostrano alcuni colleghi di Ilaria mentre fanno i suoi bagagli (da quelle riprese – come dall’ inventario della nave Garibaldi, risulto’ che furono spediti negli effetti personali di Ilaria 5 block-notes , mentre ai suoi genitori ne arrivarono solo 2).

Maurizio Rostagno era – come è noto – titolare di un centro di recupero per tossicodipendenti in provincia di Trapani.

Nei siti internet a lui dedicati si legge (riportiamo qui di seguito il dato testuale) che: “La procura di Trapani, nel 1996 ipotizzò che il delitto potesse essere maturato all’interno della Saman, per traffico di stupefacenti nella comunità, suscitando forti polemiche. Inviò mandati di cattura ad alcuni ospiti della comunità, individuati come esecutori materiali del delitto, a Cardella come mandante (che si rifugiò in Nicaragua) e alla Roveri, accusata di favoreggiamento. Francesco Cardella in seguito fu indicato come trafficante di armi. Si tratta di una inquietante teoria, che vedrebbe la morte di Rostagno legata alla scoperta di un traffico d’armi con la Somalia, attraverso due ex dragamine della marina svedese acquistati dal Cardella per la Saman come sede “marina” della comunità, ma che spesso furono visti a Malta e, sembra, nel corno d’Africa.

A Pizzolungo, a pochi chilometri da Trapani, nel 1985, tre anni prima della morte di Rostagno, il giudice Carlo Palermo, da pochi mesi in quella procura, dopo essere stato trasferito da Trento, dove indagava su un traffico d’armi, sfuggì a un attentato dinamitardo dove morirono una donna e i suoi due gemellini, una pista che porta anche alla guerriglia Somala, ad Ilaria Alpi e all’agente del SISMI (i Servizi segreti militari italiani), il maresciallo Vincenzo Li Causi.

Nel 1991 il Sismi lo aveva inviato ripetutamente in Somalia dove il 12 novembre 1993 morì in un agguato compiuto da banditi, come successo anche alla Alpi il 20 marzo 1994.

In sintesi l’ipotesi suggerisce che Rostagno avesse scoperto un traffico di armi in cui fosse coinvolto Cardella ed i Servizi deviati e volesse farne pubblica denuncia” (Internet).

Anzi, in verità la fece, perchè andò a rendere una deposizione ai Carabinieri sulle cose che aveva scoperto. Ma si interruppe subito, perché a un certo punto della deposizione si accorse che uno dei Carabinieri che lo stava interrogando era la stessa persona che lui aveva visto caricare alcuni carri armati su alcuni Hercules dell’aviazione italiana.

La notte che uccisero Mauro Rostagno ci fu un guasto improvviso alla cabina dell’Enel, così almeno raccontò un tecnico che l’indomani fu trascinato nei campi per un interrogatorio sotto il sole cocente. Disse che “era successo qualcosa di strano” e che l’energia elettrica “non era più arrivata ai fili”.

Il tecnico era un signore sui cinquant’anni e dai modi garbati, ben vestito, molto ossequioso. Si chiamava Vincenzo Mastrantonio. Dopo otto mesi il suo cadavere fu ritrovato a qualche chilometro da Lenzi. Gli avevano sparato. (Internet).

Ai magistrati di Trapani, un amico di Mauro, Sergio Di Cori, aveva rivelato: “Mi confidò di un traffico d’armi che avveniva attraverso una pista aerea in disuso in provincia di Trapani. Mi risulta che avesse fatto anche delle riprese con una telecamera”. Una perizia balistica – finora rimasta nel segreto delle indagini – ha messo l’unico punto certo di questo giallo: il finestrino posteriore lato guidatore dell’auto della vittima non fu infranto da alcun colpo, ma da un pesante oggetto, forse il calcio di un’arma. I killer avevano il compito di frugare dentro la borsa di Rostagno. (Internet)

In un altro sito Internet si legge ancora che un mese prima di morire, il giornalista sociologo stava preparando uno scoop. Si era fatto dare una telecamera portatile dai tecnici della sua emittente, “Rtc”. La cassetta con le riprese la teneva chiusa in un cassetto, in ufficio. E aveva fatto anche una copia, dopo essersi informato con uno dei suoi più stretti collaboratori su come trasferire le immagini dal formato Umatic al Vhs.

Mauro Rostagno teneva in borsa la seconda cassetta: quella fu la prima cosa che i killer cercarono la sera del 26 settembre 1988, dopo avergli sparato due colpi di calibro 38 in testa.

In pratica Ristagno è morto per aver filmato alcuni Hercules dell’Aviazione Italiana su una pista abbandonata in provincia di Trapani mentre scaricavano derrate alimentari e caricavano armi da portare in Somalia.

Anche il p.m. di Palermo, Antonio Ingroia, ha provato a entrare nei segreti dei Servizi. Aveva dato incarico al consulente Sabino Giannuli, esperto di stragi e servizi deviati, di cercare al Sisde informazioni che potessero confermare “collegamenti fra la scomparsa di Rostagno e traffici internazionali di armi, con particolare riferimento ai traffici fra Italia e Somalia”, e ancora, “eventuali collegamenti fra la scomparsa di Rostagno e l’omicidio in Somalia della giornalista Ilaria Alpi”. Ma la missione del consulente non si è mai potuta concludere.

E nel corso dell’indagine si tornò alla pista mafiosa. Anche se il maggiore dei carabinieri Nazareno Montanti, che per primo si occupò dell’indagine a Trapani, nel 1996, disse testualmente: “Scartai subito la pista mafiosa… Dietro a molte morti che sono passate per storie di corna c’era Cosa Nostra, dietro a tante storie che si diceva di Mafia c’erano le corna”.

Mie fonti mi riferiscono che gran parte di quelle armi erano sovietiche e che tuttavia l’Unione Sovietica – per ovvie ragioni – non poteva sporcarsi le mani in proprio e aveva bisogno della mediazione di un paese occidentale.

Fu scelta l’Italia, e in particolare la Sicilia, perché in Sicilia c’era Cosa Nostra che poteva coprire l’operazione con eventuali attentati in danno di chi avesse potuto eventualmente scoprire la cosa, come avvenne nel caso di Rostagno.

Breznev aveva chiesto a Berlinguer di indicargli un referente italiano che potesse gestire quel traffico. Berlinguer avendo compreso che con la cosa ci si sporcava le mani e volendo tenere indenne il suo partito da simili porcherie, indicò a Breznev un giovane professore universitario emiliano che stava nell’orbita della Sinistra democristiana.

In data 26 settembre 2007 alcuni amici di Ristagno hanno indirizzato al Presidente della Repubblica una lettera che inizia così:

“Sono passati ben 19 anni dalla morte di Mauro Rostagno e ai cittadini di questa Repubblica è stato finora negato il diritto di conoscere la verità su quell’omicidio. Le indagini condotte dagli inquirenti non hanno prodotto alcun risultato. Né si notano attività investigative che fanno sperare nel prossimo futuro. La sensazione è che non sia stato fatto ciò che si poteva e si doveva fare. In questi lunghi anni le attività investigative sono state caratterizzate, per una certa fase, da errori, omissioni ed anche depistaggi; per concludersi con una sostanziale inattività”.

“Ilara Alpi e Mirko Hrovati si trovavano a Mogadiscio come inviati di Rai3 per seguire la guerra civile somala. Essendo andati in Somalia altre volte per lo steso motivo si erano casualmente imbattuti in un traffico d’armi e di rifiuti tossici illegali in cui ritenevano coinvolti anche l’esercito ed altre istituzioni italiane” (Internet).

“Furono uccisi entrambi da guerriglieri somali e la perizia della polizia scientifica che ricostruì la dinamica dell’azione criminale, stabilì che i colpi sparati dai kalashnikov erano indirizzati proprio alle vittime, poiché l’autista e la guardia del corpo rimasero indenni.” (Internet).

“Secondo alcune interpretazioni, i due giornalisti avrebbero scoperto un traffico internazionale di armi, oltre che di veleni, rifiuti tossici e radioattivi prodotti nei Paesi industrializzati e stivati nei Paesi poveri dell’Africa, in cambio di tangenti scambiate coi gruppi politici locali”. (Internet).

Anzi, più precisamente essi avevano scoperto che:

1. alcuni armamenti italiani o provenienti da alcuni paesi dell’Est sarebbero stati trasbordati in Somalia con aerei Hercules italiani, che ufficialmente trasbordavano derrate alimentari e consegnati a guerriglieri somali;

2. sempre ufficialmente l’Italia era presente in Somalia in missione di pace e – se non sbaglio – i guerriglieri somali cui venivano consegnate le armi erano gli stessi che in quel momento trucidavano soldati americani;

3. questa opera di fornitura, di mediazione e di trasporto veniva lautamente retribuita dai somali perché in quel momento la Somalia si prestava a essere depositaria di rifiuti tossici e di scorie radioattive di mezzo mondo, per lo più concentrati nei pressi di una cittadina del Nord-Est della Somalia, chiamata Bosaso, ove Ilaria Alpi, prima di essere assassinata, era stata per quattro giorni.

“Sulla “scena del delitto” erano presenti due troupes televisive: una della svizzera italiana (RTSI) ed una americana (ABC).” (Internet)

A modo loro i nostri servizi segreti deviati sono stati estremamente efficienti. Infatti quegli operatori delle due troupe televisive poco tempo dopo passeranno a miglior vita, in circostanze misteriose o, quanto meno, non chiare.

Le riprese televisive nelle quali si vedono i corpi di Ilaria e Miran essere trasportati dalla auto Toyota dove sono stati uccisi, nell’ auto di Giancarlo Marocchino, furono fatte da un operatore greco: tal Carlos Mavroleon che lavorava per una agenzia di Londra, morto misteriosamente alcuni anni dopo in Pakistan.

Anche Vittorio Lenzi, poco tempo dopo, è rimasto vittima di un incidente stradale sul lungolago di Lugano “mai chiarito del tutto nella dinamica”

Ilaria Alpi commise l’errore di dire a troppe persone ciò che aveva saputo e scoperto. Ciò viene scritto a pagina 31 della motivazione della sentenza che ricostruisce il delitto: “Gli argomenti trattati dalla giornalista durante il colloquio avuto poco prima della sua partenza per Bosaso con Faduma Mohamed Mamud nonche’ quelli oggetto della intervista con il sultano di Bosaso, difficoltosamente ottenuta, l’interesse dimostrato in relazione al sequestro della nave della societa’ Shifco, la visita dei pozzi oggetto di uno scandalo connesso con la cooperazione, il tenore della telefonata intercorsa tra la Alpi ed il suo caporedattore Massimo Loche nel corso della quale la giornalista aveva anticipato al collega di avere in mano “cose molto grosse”, nonche ‘ il bisogno avvertito dalla giornalista al suo rientro a Mogadiscio di immediatamente incontrarsi con altri giornalisti, tra i quali i colleghi dell’Ansa “per verificare le cose”;(cosi’ come ha comunicato alla redazione con una telefonata ricevuta dal suo collega Flavio Fusi) sono tutte circostanze che inducono a fondatamente ritenere che Ilaria Alpi avesse nella sua attivita’ di giornalista scoperto fatti ed attivita’ connesse con traffici illeciti di vasto ambito…. l’allarme suscitato in chi era coinvolto a qualsiasi titolo nei traffici illeciti ed il timore nutrito per la divulgazione delle notizie apprese dalla Alpi, la conseguente necessita’ di evitare siffatta divulgazione sono le ulteriore circostanze che hanno segnato irreparabilmente il destino di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin” (Internet).

Non era la prima volta quella che Ilaria Alpi andava in Somalia. C’era già andata altre tre volte. Quella era la quarta volta e in quella occasione ad attenderla – come ho compreso io – c’erano più agenti dei Servizi Segreti deviati che soldati.

ARTEMIDE (avvocato, Milano)