Meningoencefalite. È allarme europeo per la zecca

ixo12 giu . Si chiama Tick Borne Encephalitis (Tbe), meningoencefalite, ed è trasmessa da una zecca, diffusa soprattutto nell’Est Europa. Ma anche l’Italia non è immune: la Ixodes Ricinus, conosciuta come zecca dei boschi, è localizzata nel Triveneto e in molte aree rurali e urbane.
Non sono molti i casi di Tbe registrati nel nostro Paese, appena 30 (80 dal 2000 ad oggi), ma sono in costante crescita a causa dell’aumento delle temperature terresti e della fauna selvatica. Soprattutto si presenta in forme spesso gravissimi, talvolta mortali.
Una situazione quindi da sorvegliare, tanto che le autorità sanitarie europee hanno chiesto anche all’Italia di inserire la malattia tra quelle “notificabili”.

A fare il punto della situazione, esperti del settore – riuniti oggi a Milano in occasione di un media tutorial – che hanno voluto puntare riflettori su una malattia per la quale non esiste una cura mirata, ma che è possibile prevenire con una semplice vaccinazione. Un tema che ha coinvolto anche la Toscana dove il fenomeno è ancora raro, ma sotto sorveglianza: per questo stato organizzato un convegno ad hoc dalla Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica in collaborazione con l’Azienda Usl 2 di Lucca e la Società italiana di medicina dei viaggi e delle migrazioni.

L’allerta europea. La diffusione delle zecche non ha una spiegazione scientifica ma ambientale, correlata all’aumento della temperatura terrestre degli ultimi 20-30 anni e all’incremento della fauna selvatica che hanno condizionato il protrarsi dell’attività di questi parassiti dalla primavera all’autunno inoltrato e la colonizzazione di nuovi territori, anche prossimi alle aree urbane. “Questa recente evoluzione – dichiara Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattia Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità – ha spinto la Comunità Europea a richiedere agli ospedali la consegna di un report che notifichi i casi registrati della zecca della Tbe sul territorio. Questo processo consentirà una più attenta mappatura del parassita e la possibilità di istituire programmi vaccinali più accurati, mirati alla zona del Triveneto per l’Italia, anche se non si esclude che le costanti variazioni climatiche e l’abitudine a svolgere sempre più spesso attività outdoor, possano favorire l’estensione del fenomeno ad aree più vaste, ma anche a soggetti a rischio”.

Le raccomandazioni. Gli esperti raccomandano quindi che sia i residenti delle zone a rischio, ma anche chi pratica professioni a contatto con la natura, ma soprattutto ai turisti amanti del trekking e della campagna che hanno deciso di mettersi in viaggio vero le mete più esposte, adottino alcuni accorgimenti. Quali? Rasare l’erba di prati e giardini nelle zone urbane, rimuovere foglie e sterpaglie, somministrare trattamenti antizecca a cani e gatti, disinfettare le cucce. In caso di escursioni in aree a rischio, indossare un abbigliamento appropriato (camice e pantaloni lunghi, scarpe alte sulla caviglia e/o stivali) spruzzato con repellenti, fare docce accurate (anche al cuoio capelluto) al rientro, e ispezionare il corpo per rilevare eventuali zecche che vanno subito rimosse. Critici i quindici giorni successivi in cui la zecca potrebbe continuare (se non rimossa) a iniettare il virus, o fare la comparsa i primi sintomi della Tbe.

Qualora si venisse attaccati dalla zecca, la prima azione da compiere è di estrarre il parassita entro le 24 ore, facendo attenzione a prelevare interamente il corpo e il rostro della zecca e annotando la data del morso, poiché alla comparsa di qualsiasi sintomo entro i 30 giorni dall’estrazione dell’animaletto, occorre recarsi subito da un medico o in un centro specialistico per ricevere le cure più adeguate alle diverse manifestazioni”. Solo le “zecche dure” infette, ovvero quelle che ospitano il patogeno che riescono poi a trasmettere attraverso il morso, sono nocive per l’uomo.