Via all’istruttoria sull’utilizzo dei fondi del gruppo. Lo statuto M5S prevede che sia il comico a gestire i soldi: è in contrasto con le norme di Montecitorio
26 magg – Infiniti dibattiti sugli scontrini. Ma c’è un gruzzolo ben più consistente nelle disponibilità del movimento, così come di tutti i partiti, previsto dalla legge. A questo il M5s non ha mai detto di rinunciare. A differenza dei rimborsi elettorali. Ma anche questi sono soldi dello Stato, dei cittadini. E sono più di 5 milioni e mezzo di euro alla Camera, circa 6 milioni al Senato.
A Montecitorio due lettere, di Pd e Sel, hanno sollevato il caso sull’utilizzo di questi fondi. Missive riservate inviate alla presidente della Camera Laura Boldrini. E la presidenza ha allertato gli uffici interessati. L’istruttoria è aperta.
Pd e Sel scrivono che c’è un margine di notevole ambiguità nell’utilizzo dei fondi parlamentari, perché lo statuto grillino prevede una gestione da mano esterna. La mano di Grillo. Recita infatti lo statuto del Movimento della Camera e del Senato: «Il Gruppo si avvarrà di un gruppo unitario di comunicazione, costituito di personale particolarmente qualificato e dotato di esperienza nel settore». Ma il plotoncino delle sentinelle pagate dallo Stato, la sua «concreta consistenza» in termini di «organizzazioni, risorse e strumenti», sarà «definita da Beppe Grillo, nella sua qualità di garante e rappresentante del MoVimento 5 Stelle, anche al fine di assicurare l’individuazione di personale particolarmente qualificato» eccetera. Sarà quindi Grillo a gestire anche le risorse, oltre che la struttura, dell’attività di comunicazione, compresa nelle spese del gruppo rimborsate dai cittadini.
Il deputato Pd Beppe Fioroni scrive al presidente della Camera: «Le chiedo se non ritenga che quanto previsto nello Statuto del Gruppo Parlamentare MoVimento 5 Stelle sia incompatibile con le norme in essere e se possa invece rappresentare un precedente per futuri comportamenti tesi ad assegnare finanziamenti surrettizi a partiti o movimenti», destinati invece all’esclusiva «attività parlamentare». Il sospetto è che con parte di quei 5 milioni di euro il gruppo possa finanziare il partito-movimento. Aggiunge Fioroni se non sia il caso di vigilare per impedire che le risorse destinate ai gruppi siano utilizzate per «acquisizioni di servizi» da parte di società o da «persone che ricoprono un ruolo politico, anche per fatto notorio, nei partiti e/o movimenti politici collegati al gruppo». Sembra proprio l’identikit di Grillo Giuseppe.
La lettera presentata da Sel è firmata dal tesoriere, Sergio Boccadutri. Il deputato vendoliano chiede di introdurre un emendamento al regolamento della Camera. «La ratio – scrive – è quella di evitare che le risorse possano essere utilizzate per finanziare surrettiziamente l’attività politica del partito o del movimento di cui costituisce espressione il gruppo parlamentare». Un’altra ambiguità, si sottolinea al di là delle lettere, è che organo di comunicazione del gruppo è il sito www.movimento5stelle.it, che è anche «mezzo per l’acquisizione di contributi partecipativi dei cittadini all’attività politica e istituzionale», si legge dallo statuto. Un sito che è del gruppo e del partito insieme. Infine i cinque stelle non hanno ancora reso noti il numero dei dipendenti dei gruppi, né il tipo di contratti applicati, tutti pagati con i soldi statali. Come per il numero dei votanti delle «quirinarie», su questo punto la rete, prima che i rivali politici, inizia a chiedere più trasparenza. il giornale