13 mag. – Non e’ un reato pubblicare su Internet gli annunci di chi si prostituisce, poiche’ “la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui siti web, al pari di quelle sui tradizionali organi di informazione a mezzo stampa, deve essere considerata come un normale servizio in favore della persona”.
Ad affermarlo e’ la Cassazione, chiarendo che il reato di favoreggiamento della prostituzione si delinea soltanto quando, alla pubblicazione di annunci, “si aggiunga una cooperazione tra soggetto e prostituta, concreta e dettagliata, al fine di allestire la pubblicita’ della donna”. Il discrimine tra lecito e illecito, quindi, va individuato “nel passaggio da una prestazione di servizi ‘ordinari’ a quella – spiegano gli ‘ermellini’ – che potremmo definire come la prestazione di un supporto aggiuntivo e personalizzato”.
La terza sezione penale della Suprema Corte ha affrontato la questione esaminando un ricorso presentato dalla Procura generale di Venezia, che aveva impugnato una sentenza del gup di Padova, con la quale due gestori di un sito web dedicato ad annunci pubblicitari a pagamento erano stati prosciolti dalle accuse di associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Sul loro sito, infatti, erano pubblicati annunci di numerose prostitute e transessuali.
La Cassazione ha rigettato il ricorso confermando il proscioglimento dei due imputati. I giudici di piazza Cavour, ripercorrendo la giurisprudenza in materia, hanno ricordato come “punto fermo” la “scelta del legislatore di considerare attivita’ non vietata, e dunque in se’ lecita, quella che la persona liberamente svolge scambiando la propria fisicita’ contro denaro”.
Le sanzioni penali previste dalla legge Merlin “devono essere applicate – si legge nella sentenza depositata oggi – a coloro che condizionano la liberta’ di determinazione della persona che si prostituisce, a coloro che su tale attivita’ lucrano per finalita’ di vantaggio e, infine, a coloro che offrono un contributo intenzionale all’attivita’ di prostituzione eccedendo i limiti dell’ordinaria prestazione di servizi”.
Non assume rilievo il fatto che, nel caso di specie, venissero apportati ritocchi con strumenti informatici alle fotografie inserite a corredo dell’annuncio: “anche in questo caso – osservano gli alti giudici – il servizio offerto comportava l’applicazione di tariffe di mercato” e “premesso che si tratta di episodi che lo stesso ricorrente considera numericamente assai contenuti, la Corte – conclude la sentenza – ritiene che si sia in presenza di condotte banali nella loro esecuzione e riconducibili nell’alveo dell’ordinaria prestazione dei servizi che un pubblicitario assicura al cliente”.
Ma almeno, le tasse, le pagano? Oppure anche la prostituzione rientra nelle categorie “protette & Impunite” alle quali inItalia si consente di fare di tutto e di più, a differenza delle gante normale?
No, chiedo giusto per sapermi regolare: al limitem chiudo la mia società e metto in piedi un bel bordello con annunci on-line ed esentasse.