14 apr – Sara Mahmoud è una ragazza di 21 anni, nata a Milano ed è figlia di genitori egiziani. Per motivi religiosi indossa lo hijab, il velo tradizionale islamico.
Sara dice che avrebbe bisogno di guadagnare qualche soldo, ma la ricerca del lavoro, resa difficile dall’uso del velo islamico al quale la ragazza non vuole rinunciare, finisce in uno studio di avvocati specializzati in procedimenti contro la discriminazione razziale
Repubblica riporta il “confronto” via mail tra la giovane e l’azienda: “Ciao Sara, mi piacerebbe farti lavorare perché sei molto carina, ma sei disponibile a toglierti il chador?”. Lei risponde, tentando di spiegare le sue ragioni: “Ciao Jessica, porto il velo per motivi religiosi e non sono disposta a toglierlo. Eventualmente potrei abbinarlo alla divisa”. Da qui la nuova mail dell’azienda: “Ciao Sara, immaginavo. Purtroppo i clienti non saranno mai cosi flessibili. Grazie comunque”.
La 21enne insiste: “Dovendo fare semplicemente volantinaggio, non riesco a capire a cosa devono essere flessibili i clienti”, ma non riceve più risposta. Lei non demorde tanto che ora due avvocati depositeranno un ricorso al tribunale civile di Lodi chiedendo di “accertare e dichiarare il carattere discriminatorio dei comportamenti” tenuti dalla società che ha negato il lavoro alla giovane per colpa del velo..