Monti: impossibile pagare alle imprese tutto il debito dello Stato

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25 apr – “Da molte parti si chiede che il governo paghi il debito tutto e subito. Ora, la presa di posizione della Commissione europea non significa un via libera illimitato all’aumento di deficit e di debito pubblico per i pagamenti dei debiti commerciali”. Così il presidente del Consiglio Mario Monti risponde a chi chiede un intervento più massiccio a favore delle aziende che vantano crediti nei confronti della Pubblica amministrazione.

E spiega: “Per quanto riguarda il deficit l’Italia deve rispettare la soglia del 3% del PIL nel 2013, mantenendo a questo fine un adeguato margine di sicurezza. Se questa soglia viene sforata infatti l’Italia non uscirà dalla procedura di deficit eccessivo e perderà ogni possibile vantaggio”, avverte il premier.
Dunque “sulla base delle previsioni aggiornate presentate nella relazione al Parlamento, l’Italia avrà nel 2013 un deficit pari al 2,4%. Contando quindi un margine di sicurezza, valutiamo che lo spazio fiscale utilizzabile per l’operazione di pagamento dei debiti della pubblica amministrazione che impattano sul deficit sia di circa 0,5% del PIL. Questo spazio dovrà essere usato per pagare i debiti che corrispondono a spese in conto capitale, perciò non ancora contabilizzate nel deficit e per il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali”.
Poi c’è l’aspetto debito pubblico: “E’ vero peraltro che la maggior parte dei pagamenti avrà un impatto solo sul debito pubblico. Tuttavia anche in questo campo i margini non sono illimitati. Bisogna infatti tenere conto che le maggiori spese devono essere coperte emettendo titoli del debito pubblico e quindi deve essere valutato l’impatto sui mercati di nuove emissioni e l’effetto a cascata sull’indebitamento netto, quindi sul deficit. E’ inoltre opportuno non pregiudicare sin da ora tutti i margini per altri eventuali interventi, come misure per promuovere l’occupazione stabile e ridurre il cuneo fiscale in particolare per giovani e donne, o interventi per affrontare la crescente povertà, anch’essi sollecitati dall’Unione europea”.