150 anni di NO TAV

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di Massimo Lodi Rizzini

24 mar – Lo sviluppo della rete ferroviaria è sempre stato un fattore fondamentale nell’accrescimento della ricchezza e del benessere per i territori interni delle nazioni. L’incremento del livello tecnologico e produttivo rende difatti i singoli Stati liberi e ricchi. Per questo motivo l’impero britannico nella Storia ha sempre ostacolato in tutti i modi ogni progetto infrastrutturale di sviluppo dei corridoi interni, all’est come all’ovest.

I britannici colonialisti odiavano Abraham Lincoln per le sue politiche creditizie a favore delle grandi opere infrastrutturali e ferroviarie, così come i britannici hanno operato per l’eliminazione fisica e politica di personaggi che, come Bismarck, capivano la fondamentale importanza degli investimenti per la creazione di ferrovie e canali navigabili all’interno dei propri territori. La diffusione di un tale capillare sistema di trasporti e viabilità, con diramazioni in tutto il continente euroasiatico, avrebbe tolto il dominio dei britannici nel commercio sui mari.

Anche lo zar Alessandro II era un fautore della promozione del sistema ferroviario interno e continentale; fu anche per questa ragione che venne assassinato dalle forze contrarie allo sviluppo tecnologico della nazione. Nonostante ciò l’opera di modernizzazione intrapresa da Alessandro II proseguì per merito di Sergei Witte (l’ideatore della Transiberiana) e non fu certo un caso che in quel periodo la Russia rappresentasse la nazione con il più alto tasso di crescita di tutta l’Eurasia. Purtroppo lo sviluppo infrastrutturale venne fermato dai colpi di Stato delle fazioni feudalistiche e medioevali anti-progresso, sapientemente addestrate e/o manipolate dai circoli eco-liberisti e colonialisti della Londra di allora.

Non fu colpita solo la Russia, ma venne sabotato anche il programma di crescita infrastrutturale intrapreso in Cina da Sun Yat-sen che aveva appreso i principi dell’economia della scuola americana del periodo da alcuni missionari americani. Questi ultimi diffondevano le idee di credito per gli investimenti in grandi progetti e grandi opere, così come ideate e volute da Alexander Hamilton e Henry Charles Carey.

In pratica le rivoluzioni “rosse” in Russia e Cina (quella russa del 1917 e quella maoista) bloccarono per decenni ogni iniziativa di sviluppo economico e infrastrutturale in Asia, condannando a morte decine di milioni di persone, come conseguenza della miseria provocata dal sottosviluppo causato dalla mancanza di grandi opere infrastrutturali. In questo le politiche ecologiste e genocide dei britannici hanno avuto un successo strepitoso, ovviamente dal loro punto di vista.

Non fu solo bloccata la crescita economica e sociale dell’Eurasia, ma anche e soprattutto quella del continente africano, per il cui sviluppo erano state progettate da francesi e giapponesi alcune imponenti opere ferroviarie e viarie. Inutile ribadire che la mancanza di queste infrastrutture ha reso schiavo, povero e indebitato l’intero continente che è stato ed è tuttora sfruttato dalle multinazionali e dalle banche del ricco occidente. D’altro canto fondi speculativi, fondazioni bancarie e magnati “filantropi” (!) sono i migliori sponsor dei movimenti ecologisti di tutto il mondo, la migliore arma per consentir loro di continuare a depredare il mondo dominato dal loro colonialismo selvaggio.

Non è certo un caso che grandi uomini come Enrico Mattei, J.F. Kennedy o Alfred Herrausen (solo per citarne alcuni) siano stati assassinati proprio per il loro impegno nello sviluppo delle infrastrutture, nello sfruttamento delle fonti energetiche e nella promozione della scienza e della tecnologia ai massimi livelli. Nei progetti sostenuti da questi grandi leader della Storia, vi erano grandi opere capaci di collegare diversi continenti e di favorire il raggiungimento di alcuni obbiettivi comuni a culture e tradizioni diverse, pur nel rispetto delle singole sovranità nazionali, doganali e monetarie, condizioni indispensabili per un sano sviluppo economico e sociale degli Stati Sovrani.

È chiaro quindi che la TAV non può neppure essere vista come punto di arrivo dello sviluppo infrastrutturale. La necessità che si accompagna alla realizzazione di tali grandi opere è quella di investire continuamente nella ricerca di nuove tecnologie anche sul fronte del sistema dei trasporti. Un esempio che va in tale direzione è il progetto MAGLEV: un treno ad alta velocità a levitazione magnetica che apporterebbe notevoli vantaggi in termini di rapidità di trasporto, in termini di ricaduta tecnologica, industriale ed occupazionale. Già in articoli recenti abbiamo trattato il tema, anche relativamente ad un recente dibattito che si è aperto in Italia, nella città di Prato.

All’interno di quest’ottica vanno inquadrati i barbari tentativi di bloccare lo sviluppo della rete TAV in Italia: non è altro che l’ennesimo tentativo che da secoli le forze colonialiste ed usuraie stanno compiendo per evitare a tutti i costi che il continente Eurasiatico sia unito da una moderna rete ferroviaria interna capace di fare da volano ad un sano sviluppo economico. Uno sviluppo dell’economia fisica reale, capace di creare pace e prosperità attraverso investimenti infrastrutturali ad alto tasso di capitale. È così che chi vi si oppone favorisce solo la continuazione delle predazioni degli eco-liberisti che fanno del colonialismo, dell’usura e della speculazione le loro armi per tenere soggiogato il mondo e mantenerlo in povertà, economica e morale. (movisol)