21 gen – I quattro giorni di terrore nel campo di estrazione di In Amenas, rappresaglia contro l’intervento delle forze internazionali in Mali, riporta alla ribalta la questione del terrorismo in nord Africa, fomentato da una fede musulmana stravolta dai principi dell’integralismo.
Il salto indietro e’ di pochi mesi, ad una Washington ripiombata nel terrore l’11 settembre del 2012, quando una folla inferocita si scaglia contro il consolato americano di Bengasi uccidendo l’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens. L’assalto giunge ad alcune settimane dalla diffusione di alcuni estratti di Innocence of Muslims, il film sulla vita del Profeto Maometto ritenuto blasfemo dall’intero mondo arabo.
E la scintilla della ribellione scocca in un lampo, tuona, investe il Nord Africa e il Medio Oriente, ricorda le sommosse popolari della Primavera araba poiche’, ancora, le proteste degenerano in un’ondata di sangue e di violenze.
L’ingerenza occidentale si trasforma nel motto di una rivoluzione e l’effetto contagio, di consueto, ha una matrice terroristica o nel migliore dei casi emulativa. Basti ricordare le vittime seguite alle performance dal predicatore fondamentalista Usa Terry Jones.
Per questo, il tragico blitz dell’esercito algerino rischia di tradursi nell’ennesima risposta ad un’interferenza, questa volta in Mali, e di diventare lo specchio di nuovi e pericolosi attacchi terroristici nei confronti dei civili occidentali residenti in Africa, dove le cellule estremiste hanno affondato radici e, non in rari casi, impiantato un vero e proprio processo socio-culturale nella popolazione.
IL MAGHREB E L’AQIM. Il Maghreb (”luogo del tramonto”) ne e’ l’esempio piu’ lampante: si tratta dell’area che si estende piu’ a ovest del Nordafrica e comprende gli Stati del Sahara occidentale, Marocco, Algeria e Tunisia. Ad oggi la regione ospita perlopiu’ arabi e berberi di fede islamica ed e’ in un certo senso il quartier generale dell’Aqim (Al Qaeda nel Maghreb islamico), il padre di tutti i movimenti terroristici del continente.
Il gruppo viene fondato nel 2005, in seguito all’insurrezione lanciata tre anni prima in Algeria dal Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (Gspc): un gruppo terrorista islamista nato negli anni novanta nell’ambito della guerra civile algerina con lo scopo di ribaltare il governo locale ed istituirvi uno Stato fondato sulla Sharia.
Nel 2005 si affilia ad Al Qaeda dando vita appunto all’Aqim e diventando, tra l’altro, parte non secondaria della guerra civile che in Mali ha portato alla dichiarazione d’indipendenza del nord, abitato prevalentemente dalla componente tuareg. Designato come un’organizzazione terroristica straniera dal Dipartimento di Stato americano e dall’Unione europea, da sempre strenuo deterrente delle corrente occidentali, l’Aquim accoglie tra le sue fila algerini, marocchini e cittadini delle diverse comunita’ sahariane.
E’ fortemente coinvolto nel traffico di droga, di contrabbando e di altre attivita’ criminali, concentrando la propria economia di raccolta fondi su sequestri e richieste di riscatto e raccogliendo negli ultimi anni decine e decine di milioni di dollari.
Tanto che Oumar Ould Hamaha, ex portavoce del gruppo militante Ansar Dine e dall’agosto 2012 capo militare del Movimento per l’Unita’ e la Jihad in Africa occidentale (Mujao), recentemente dichiaro’ con stizza che ”la fonte del finanziamento” del terrorismo islamico ”sono i Paesi occidentali. Sono loro – disse – che stanno pagando per la jihad ”.
Il precursore del movimento e’ un tale Hassan Hattab, ex comandante regionale in algeria del Gruppo Islamico Armato, con il quale Hattab ruppe tuttavia ogni rapporto nel 1998 per protestare contro il massacro ‘takfirista’ lanciato contro i civili definiti miscredenti, prima di essere arrestato il 22 settembre dalle autorita’ di Algeri.
L’Aqim e’ inoltre noto per aver espresso sostegno alle proteste della Primavera araba, in paricolar modo alle rivolte in Libia e in Tunisia, reclutando manifestanti anti-governativi gia’ attivi nel 2003 contro le forze americane in Iraq e fiancheggiatori islamisti operativi a Gaza nella lotta anti-sionista.
Tra le azioni piu’ significative del gruppo, il rapimento di 32 turisti europei in Algeria all’inizio del 2003, le due autobombe dell’11 aprile 2007 contro l’ufficio del primo ministro algerino costate la vita a 30 civili, il rapimento di Sergio Cicala e sua moglie Philomene Pwelgna Kaboure in Mauritinaia, rilasciati poi 4 mesi piu’ tardi e il sequestro di sette dipendenti dlla multinazionale francese Areva, rapiti nella citta’ di Arlit, in Niger.
LA SOMALIA E I MILITANTI DI AL SHABAAB. Dall’altro capo del continente, la regione somala si presenta come uno dei territori piu’ insidiosi del pianta, se si considera che oltre al terrorismo islamico vi e’ un massiccio numero di attacchi di pirateria contro le imbarcazioni internazionali.
L’integralismo musulmano, tuttavia, in Somalia ha il suo epicentro nel gruppo integralista Al Shabaab, strettamente legato a cellule di Al Qaeda e formalmente riconosciuto come un’organizzazione terroristica a partire dal 2012, anno in cui ha lanciato le sue operazioni di conquista nell’area meridionale del Paese imponendo la Sharia come fondamento della legislazione nazionale. La forza del gruppo e’ stimata in circa 14 mila militanti.
Gli Shabaab, in arabo ”gioventu”’, sono una costola dell’Unione delle Corti islamiche (Icu), una milizia tribale solida fino al 2006 (quando allora controllava la stragrande maggioranza della popolazione, comprese le citta’ simbolo di Jowhar, Chisimaio, Beledweyne e la capitale Mogadiscio), con l’obiettivo di rovesciare il Governo federale di transizione sostenuto nel 2004 dalle Nazioni Unite, l’Unione africana e gli Stati Uniti.
I due movimenti ruppero ogni legame nei primi di agosto del 2011, dopo l’omocidio di alcuni alti funzionari di entrambe le organizzazioni, ma soprattutto a causa della pesante ostilita’ degli Shabaab nei confronti del gruppo paralimitare Ahlu Sunna Waljamaa, vicinissimo All’Unione delle Corti islamiche e costituito dai cosiddetti ‘sufi’, coloro che dell’Islam praticano la dimensione piu’ mistica e trascendentale abbandonando totalmente una visione violenta e integralista.
Anche se in molti riconducono la guida dell’organizzazione direttamente ad Ayman Mohamed Rabie al-Zawahiri, il medico egiziano subentrato ai vertici di Al Qaeda dopo la morte di Osama bin Laden, la leadership interna non e’ mai stata del tutto chiara (nel dicembre 2010 Al Qaeda sostitui’ l’attuale leader Moktar Ali Zubeyr ”Godane” con Ibrahim al-Afghani, ma gli Shabaab rifiutarono la nuova nomina e continuarono a considerare ”Godane” come il proprio emiro) e la struttura di comando sempre piu’ decentrata al di fuori del Paese.
Tant’e’ che il movimento, profondamente nazionalista, si dice ospiti numerosi stranieri tra le sue fila, di cui diversi occidentali, pronti al martirio in onore della jihad.
Secondo un rapporto investigativo della Commissione per la Sicurezza Nazionale della Camera Usa, Al Shabaab avrebbe reclutato piu’ di 40 musulmani americani nel 2007, e nel 2010 il New York Times riferi’ di una dozzina di statunitensi uccisi nella regione. Gran parte dei militanti stranieri provengono tuttavia da Yemen, Sudan, Costa Swahili, Afghanistan, Arabia Saudita, Pakistan e Bangladesh. A partire dal 2010, il loro numero e’ stimato intorno alle 300 unita’.
Stando agli analisti, l’obiettivo di arruolare militanti esteri si rintraccerebbe in un bisogno di estendere la propria propaganda integralista su scala internazionale. Una sorta di gioco di potere tra le faide, che agli Shabaab varrebbe una raccolta fondi a sostegno dell’organizzazione non indifferente. Ecco perche’ il lancio dell’emittente televisiva Al Kataib; ed ecco perche’ la realizzazione di un profilo Twitter nel 2011.
AFRICA OCCIDENTALE, LA NUOVA FRONTIERA DEL MUJAO. Con la pretesa di essere i ”discendenti ideologici” dell’Imam Cheikhou Amadou, il gruppo, di base in Mali e in Algeria, fa la sua prima apparizione in un video diffuso online il 12 dicembre del 2011 nel quale annuncia la sua prima azione armata: il rapimento di tre cooperanti dal campo profughi Saharawi di Hassi Radunicon.
L’obiettivo e’ diffondere la jihad nell’Africa occidentale: ”Oggi la stiamo inaugurando”, dichiaro’ allora il terrorista mauritano Hamada Ould Mohamed Kheirou, considerato il comandante dell’organizzazione e per il quale dal 28 dicembre pende sulla sua testa un mandato di arresto internazionale. Altri membri chiave del movimento sono l’algerino Ahmed Al Talmasi e il sultano maliano Ould Badi, definito dalle autorita’ locali un trafficante di droga.
Ex alleato dell’Aqim, il Mujao ruppe con lo stesso movimento proprio a causa delle spiccatissime ambizioni di conquista in un’area dove le cellule maghrebine di Al Qaeda, in realta’, non pianificavano alcuna infuenza.
Secondo diversi analisti, al contrario, i due movimenti si separarono a seguito del predominio algerino manifestato dalla leadership qadeista.
Il Movimento per l’Unita’ e la Jihad in Africa Occidentale e’ direttamente coinvolto nell’avanzata dei ribelli islamici verso il sud del Mali e i suoi militanti sono nel mirino delle forze francesi ed internazionali intervenute nelle scorse settimane per ristabilire l’ordine nel Paese. Nel giugno del 2012 e’ stato protagonista della cosiddetta ‘Battaglia di Gao’, combattuta al fianco del gruppo alleato Ansar Dine contro i tuareg del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (Mnla).
Il 20 dicembre del 2012 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 2085 ha sanzionato il gruppo inserendolo nella lista nera delle cellule satelliti di Al Qaeda.
Il Mujao e’ venuto alla ribalta dell’opinione pubblica italiana con la cattura della cooperante sarda Rossella Urru, rilasciata in Mali insieme a due colleghi spagnoli nel luglio del 2012, in cambio di 18 milioni di dollari e la liberazione di tre alti funzionari islamisti.
GLI ANSAR DINE IN MALI. Anti-sufisti fino al midollo, i militanti del movimento Ansar Dine, o ”Difensori della fede”, hanno il loro quartier generale in Mali e sono guidati da un illustre leader della ribellione tuareg nel 1990, Iyad Ag Ghaly: fondatore del Movimento Popolare per la Liberazione dell’Azawad e sospettato di avere stretti legami con Al Qaeda a causa della sua parentela con Hamada Ag Hama (suo cugino), comdante militare delle milizie qadeiste attive nella regione.
Il movimento reclama una rigida imposizione della Sharia, ma in Africa resta un’organizzazione di nicchia, quasi l’anticamera maliana del qadeismo maghrebino. Ne e’ un esempio il loro ex portavoce, Omar Ould Hamaha, diventato da agosto del 2012 il capo militare del Mujao.
Lo scorso anno, durante i disordini in corso in Mali a seguito dell’avanzata tuareg e della ‘Battaglia di Gao’, i miliziani di Ansar Dine si sono distinti per aver distrutto numerosi mausolei considerati patrimonio culturale e dell’umanita’ da parte dell’Unesco. Vantano, secondo diverse fonti, un arsenale ereditato dai ribelli libici dell’era Gheddafi in grado di trasportare anche lancia-missili e razzi anti-aerei.
Sono noti per la loro barba folta e lunga e per le loro bandiere nere con impresso la scritta ‘Shahada’, che nella religione islamica costituisce la condicio sine qua non per diventare musulmano, ovvero e’ la testimonianza con cui il fedele musulmano dichiara di credere in un ”Dio Uno e Unico” e nella missione profetica di Muhammad, il messaggero di Allah. A differenza del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad, il gruppo non cerca l’indipendenza del Mali, piuttosto vuole convertire il Paese in una rigida teocrazia.
L’ALGERIA NELLE MANI DEL GRUPPO ISLAMICO ARMATO. Nel 1992 l’allora giunta militare annulla l’esito della tornata elettorale che vede vincitore al primo turno il Fronte di salvezza islamica, il piu’ grande partito musulmano di opposizione nel Paese. E’ il preludio all’ascesa tragica e violenta della Gia, il Gruppo Islamico Armato: da allora il movimento lancia una campagna di sterminio fino al 1998, spazza via interi villaggi, si rende protagonista del drammatico massacro di Bentalha e del dirottamento del Volo Air France 8969, durante il quale i militanti dichiararono di essere ”i soldati della Misericordia”.
Il gruppo, noto per i suoi sequestri e per i numerosi attacchi dinamitardi condotti nel Paese, e’ considerato un’organizzazione terroristica da parte dei governi di Algeri, Parigi e Washington. Ha l’obiettivo di rovescciare l’esecutivo algerino e sostituirlo con uno Stato islamico. Al di fuori dei propri confini, ha stabilito basi in Francia, Belgio, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.
Ha ospitato inoltre per un breve periodo Mokhtar Belmokhtar, ‘il guercio”, ‘l’imprendibile” o ”signor Marlboro” (per i suoi traffici illegali di sigarette), il leader salafita che avrebbe rivendicato l’assalto al campo perolifero algerino di In Amenas. All’interno della Gia costituisce una sua unita’ combattente, una ”katiba”, con la quale inizia ad operare nel Sahara.
Sull’organizzazione, le speculazioni di legami con l’intelligence algerina sono state numerose. Il popolare analista di sicurezza internazionale Nafeez Ahmed ha piu’ volte accuasato il Gruppo Islamico Armato di essere ”orchestrato dal capo dei servizi segreti nazionali, Mohammed Mediane, e dal generale Lamari Smain.
LA NIGERIA ANTI-CRISTIANA DEL BOKO HARAM. Fondato dall’ormai defunto Mohammed Yusuf nel 2002, nella citta’ di Maiduguri, il Popolo per la Propagazione degli Insegnamenti del Profeta e della Jihad, meglio noto in lingua Hausa come Boko Haram, e’ un’organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nordest della Nigeria e nota per diversi attacchi condotti nei confronti della comunita’ cristiana residente nel Paese.
Il movimento, diviso in tre fazioni, e’ responsabile di oltre 900 omicidi nel 2012 ed e’ organizzato come una vera e propria setta musulmana che ha l’obiettivo di abolire il sistema secolare imponendo la Sharia nella regione. Prima che il gruppo divenisse noto internazionalmente dopo le violenze religiose in Nigeria del 2009, non aveva una struttura chiara o una catena di comando evidente.
Secondo fonti statunitensi Boko Haram sarebbe legato indirettamente all’Aqim, ma ad oggi non vi e’ alcuna prova di un’intesa tra le due organizzazioni o di un sostegno materiale fornito dalle milizie qadeiste.
Il movimento e’ da sempre ostile all’immaginario collettivo occidentale, ha la consuetudine di esaltare pubblicamente la propria ideologia anche attraverso l’ausilio dei media internazionali, nonostante il suo stesso ex leader Yusuf fosse, dal canto suo, un uomo colto e benestante al quale piaceva viaggiare a bordo di una Mercedes Benz da decine di migliaia di dollari.
I membri di Boko Haram non godono di alcun sostegno da parte della popolazione nigeriana-musulmana, al contrario, si sono resi protagonisti in passato di numerosi omidici nei confronti di qualsiasi soggetto criticasse la loro condotta, inclusi alti esponenti islamici.
Ostili al concetto di ‘scienza moderna’, in un’intervista del 2009 rilasciata alla Bbc il loro leader respinse ”la nozione di Terra sferica” e ”la toeria darwiniana sull’evoluzione della specie”, poiche’ ”in contrasto con l’insegnamento islamico”.
Il quartier generale e’ collocato in un piccolo villaggio lungo il confine con il Niger e negli ultimi anni la cellula islamista ha avviato una campagna di reclutamento di jihadisti provenienti prevalentemente dal Ciad. A gennaio del 2012, il vice di Yusuf, Abubakar Shekau, e’ apparso in un video pubblicato su YouTube lasciando intendere di essere il nuovo leader dell’organizzazione.
Tra gli attacchi piu’ brutali condotti contro contro la comunita’ cristiana residente nel Paese, si ricordano gli attentati suicidi sferrati contro tre Chiese di Kaduna a seguito dei quali persero la vita circa 50 persone. L’estate scorsa, una milizia armata di Boko Haram ha invece aperto il fuoco all’interno di una chiesa evangelica a Kogi, uccidendo 19 fedeli. Nel febbraio del 2012 alcuni funzionari del movimento, dopo essere stati tratti in arresto dalle autorita’ locali, hanno confessato di ”ricevere finanziamenti da cellule operative in Arabia Saudita e nel Regno Unito” grazie all’intermediazione dell’Aqim.
IL TERRORISMO ANONIMO. Dall’Egitto alla Libia, passando per l’Uganda, il Sudan e la Repubblica democratica del Congo, sono diversi, infine, i movimenti terroristici africani con una risonanza mediatica tuttavia piuttosto marginale, tanto da restare anonimi al pubblico dominio. E’ il caso della Jihad islamica egiziana: un gruppo estremista attivo fin dal 1970, guidato dall 1991 al 2011 da Ayman al-Zawahiri e considerato dalle Nazioni Unite come un affiliato di Al Qaeda.
Oppure il Gruppo islamico dei combattenti libici (Lifg), noto per aver svolto un ruolo chiave nel rovesciamento del regime di Gheddafi: il movimento ha sempre negato di avere legami con Al Qaeda, anche se nel 2005 furono scovate in Gran Bretagna alcune sedi dell’organizzazione e arrestati alcuni suoi esponenti.
Tra l’Uganda e la Repubblica Centrafricana agisce l’Esercito dei signori della resistenza (Lra, Lord’s Resistance Army): il gruppo e’ stato accusato di violazioni dei diritti umani, omicidi e rapimenti. E’ guidato da Joseph Kony, il quale secondo alcuni rapporti internazionali e’ colpevole di aver reclutato tra i 60.000 e i 100.000 bambini soldato. asca