8 mar. (LaPresse) – Si moltiplicano gli scandali e gli allarmi sul fronte alimentare. Dopo il caso della carne di cavallo, oggi in Germania è stata trovata una partita di insalata importata dall’Italia contenente veleno per topi. Precauzione giustificata, stando a quello che è successo in Francia, dove proprio un topo morto è stato trovato in una scatola di fagiolini.
Intanto in Danimarca 63 persone sono rimaste intossicate dopo aver mangiato in un ristorante di lusso. Mentre in Italia, a Chioggia, si rafforzano i controlli dopo la denuncia di 10 pescatori che avevano falsificato i documenti per mettere sul mercato capesante pescate in aree proibite, nelle quali sono state trovate tracce di cadmio.
Secondo quanto riferisce la stampa tedesca, la partita di insalata contaminata è di 110 cassette di insalata, 105 delle quali sono già state distrutte. Ne mancano dunque all’appello cinque: pare che una sia stata venduta all’Istanbul Markt di Offenbach e quattro a commercianti ambulanti nella regione metropolitana Reno-Meno, che le avrebbero a loro volta rivendute. La lattuga coinvolta è quella ‘ortofrutticola La Trasparenza’ ed è stata immessa sul mercato dal rivenditore all’ingrosso di Francoforte Özdemir, che ne ha ordinato il richiamo.
I prodotti potrebbero manifestare segni di contaminazione da veleno per topi con la presenza di piccoli granuli blu. A tutti i commercianti è stato chiesto di distruggere le lattughe in questione e, ai consumatori che avessero già mangiato uno dei prodotti, viene consigliato di rivolgersi a un medico. Finora non sono pervenute segnalazioni di avvelenamenti. Il ministero della Salute conferma, spiegando che la notifica è avvenuta ieri, 7 marzo, attraverso il sistema di allerta della Commisssione Ue. Sono già stati allertati gli assessorati competenti della Regione Campania e della Regione Veneto per l’adozione di eventuali misure cautelari.
Il ministero non può escludere però che la contaminazione possa essere avvenuta nel magazzino del grossista tedesco.
Ancora uno scandalo alimentare, questa volta in Francia. Tocca a Carrefour scusarsi con un acquirente che ha trovato un topo in una scatola di fagiolini ‘Grand Jury’, marca primo prezzo del gruppo. Lo riporta il giornale francese Le Parisien nella sua versione online. La multinazionale francese ha fatto sapere di avere aperto un’inchiesta e ritirato il prodotto. “Si tratta di un caso eccezionale, siamo assolutamente dispiaciuti e il nostro servizio clienti si è scusato con il cliente. Il nostro fornitore francese è stato allertato e un’inchiesta è stata avviata”, ha dichiarato Carrefour.
In Danimarca, invece, 63 persone sono state colpite da gastroenterite virale dopo avere mangiato lo scorso mese al ristorante Noma, uno dei più rinomati al mondo. Le autorità danesi hanno ordinato una disinfezione e una più accurata gestione dei cibi nel locale, che vanta due stelle nella guida Michelin e tre titoli di migliore ristorante al mondo secondo l’elenco stilato da San Pellegrino. Le indagini sono scattate in seguito alle lamentele pervenute da parte di 63 clienti che hanno mangiato al Noma fra il 12 e il 16 febbraio, ma non è chiaro quale cibo abbia causato l’intossicazione. Il direttore del ristorante, Peter Kreiner, ha fatto sapere che il suo personale è al lavoro per identificare la fonte dell’infezione. Il Noma è molto noto per la sua cucina che si affida a prodotti freschi e realizzati a livello locale.
In Veneto, nel frattempo, si rafforzano i controlli per impedire che sul mercato finiscano frutti di mare contaminati da metalli tossici. Li annuncia l’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto, Franco Manzato, dopo il caso delle capesante al cadmio scoperte dai carabinieri a Chioggia, in provincia di Venezia. “Collaboreremo – annuncia Manzato – in modo sempre più assiduo con le forze dell’ordine al fine di garantire un buon pescato sulle nostre tavole. Ringrazio il nucleo dei carabinieri di Chioggia per essere intervenuti ed aver denunciato questo grave abuso”.
Mercoledì i carabinieri, al termine di una indagine congiunta con i veterinari delle Asl di Chioggia e San Donà di Piave, avevano denunciato 10 pescatori, con l’accusa di frode nell’esercizio del commercio, falsità commessa da privato in atto pubblico e procurato allarme. Negli ultimi tre mesi, falsificando i documenti, i pescatori avevano falsamente attestato la lecita provenienza di prodotti pescati in acque vietate. Si tratta in particolare di bulli e capesante. A dicembre, nell’ambito di quella indagine, i militari avevano verificato la presenza di cadmio in alcuni molluschi. Scattate le verifiche, i carabinieri hanno esaminato i tracciati radar dei pescherecci e verificato che otto di loro avevano pescato in aree vietate.