28 febbr – Bersani è un leader del passato che sogna un’Italia costellata di sezioni del partito (lui però, per darsi l’aria dell’innovatore, parla di «robusto radicamento sul territorio»; una frase, questa, che, ogni volta che la dice in tv, perde 10 mila voti). L’ Italia che sogna Bersani è ancora popolata da militanti in attesa della parola d’ordine del partito che, come un tempo, «dà la linea».
Intendiamoci, le falangi dei fedeli o dei tifosi del Pd sono ancora numerose. Basti pensare che è bastato che Matteo Renzi, prima stesse zitto in segno di contrizione per aver osato competere contro il segretario del Pd e poi, una volta presa la parola, la usasse solo per incensare Bersani, per cancellarsi immediatamente di dosso le macchie che si credevano indelebili di: fascista, berlusconiano, forsennato liberista, antisindacalista. Accuse che, su di lui, erano state attaccate dal Pd e dai suoi organi di stampa. «Pluff!».
Come nelle favole di un tempo, tutte le macchie, sono scomparse. Del resto, il medesimo fenomeno riguardò anche i caporioni fascisti che, subito dopo la caduta del regime dittatoriale da loro costruito, si inginocchiarono pentiti davanti a Palmiro Togliatti, o ai suoi delegati, per ottenere la benedizione liberatoria di ogni macchia (altro che Dixan!) accompagnata dal buffetto: «Andate, siete mondati». E i pentiti, da feroci fascisti, divennero subito (anche qui con un semplice «Plof!») comunisti di stretta osservanza sovietica, con tanto di tessera con la falce e martello disegnata da Renato Guttuso (anche lui redento).
Questi fedeli/tifosi esistono ancora nel Pd, ma stanno visibilmente diminuendo. Il futuro, anche per il Pd, è un altro. Purtroppo il Pd di Bersani non l’ha saputo intercettare, come dimostra soprattutto la sconfitta che ha subito in Lombardia, la regione più importante d’Italia. Se si vuol capire perchè basta prendere una data: il 12 gennaio scorso quando il candidato Umberto Ambrosoli venne presentato al teatro Dal Verme. Sul palco era attorniato da Lella Costa, Roberto Vecchioni, Umberto Eco, Gad Lerner, Gherardo Colombo.
Il passato che non macina più. E mentre Grillo riempiva piazza San Giovanni, Bersani chiudeva la sua campagna al Teatro «Ambra Jovinelli» (un ex locale di avanspettacolo, con un nome che ti annuncia il can can; ma si può?) festeggiato da Nanni Moretti. Il passato lesso che ritorna. Appunto, col retrovisore.