Guareschi. Uomo di fede, uomo di libertà

Fernandel (Don Camillo), Gino Cervi (Peppone) e Giovannino Guareschi
Fernandel (Don Camillo), Gino Cervi (Peppone) e Giovannino Guareschi

Giovanni Lugaresi
Guareschi-Fede e libertà
Casa editrice Mup

Nel binomio “fede e libertà” si rivela, e si ravvisa, la figura e l’opera di Giovannino Guareschi. Che in una esistenza breve, ma intensamente vissuta, ebbe modo di rendere testimonianza sia alla fede, sia allo spirito di libertà. Fede che gli diede forza e coraggio nei momenti cruciali: dai lager nazisti alla galera italiana, e mai lo abbandonò. Fede che percorre, per così dire, grande parte della sua opera letteraria: dalle pagine scritte durante l’internamento in Polonia e in Germania, a quelle del Mondo piccolo, a quelle ancora del carcere parmense di San Francesco dove fu detenuto per 409 giorni. Di seguito, e forse di conseguenza, lo spirito di libertà: la libertà dei figli di Dio, che possono scegliere fra il bene e il male, che possono testimoniare o non testimoniare la loro fede, le loro idee e i loro ideali. E Giovannino non ebbe dubbi nelle scelte: difficili e tutt’altro che gratificanti sul piano pratico, in perfetta sintonia, però, con i suoi valori ideali e principi morali: scelte sempre compiute secondo coscienza, e non secondo convenienza. Giovanni Lugaresi ripercorre le pagine dell’opera guareschiana, evidenziando quanto intensamente si alzi la voce dell’Autore a sorreggere il binomio “fede e libertà”, e colloca la figura dello scrittore della Bassa in un orizzonte molto ampio e articolato, nonché di alto spessore morale e spirituale.
Giovanni Lugaresi, ravennate per oltre 30 anni redattore del Gazzettino ma con le radici sempre ben piantate in Romagna, collaboratore di quotidiani e periodici come L’osservatore romano e L’alpino. Tra i suoi libri ricordiamo Anarchico è il pensier… (Neri Pozza, 2000); Le lampade di luce. Guareschi: fede e umanità (Rizzoli, 2002). Nel 1991 ha vinto il Premio Guidarello di giornalismo e nel 2001 gli è stato conferito il Premio Giornalista dell’anno dell’Associazione nazionale alpini.


INTERVISTA A GIOVANNI LUGARESI, MARTEDI’ 19 FEBBRAIO 2013 (a cura di Luca Balduzzi)

Cominciamo da prima del libro… come è nata la sua passione per Giovannino Guareschi?
La lettura di un racconto nell’antologia delle scuole medie, Il segreto del successo, più che interessarmi, mi colpì in modo particolare per la sua originalità; quindi, una volta visto Don Camillo al cinema, venne spontaneo il desiderio di leggere i libri di questo autore. Che ho poi riletto più e più volte, traendone sempre beneficio spirituale e trovandovi di volta in volta aspetti nuovi.

Perché l’aspetto della fede di Guareschi è stato quello più trascurato? O comunque approfondito più tardi rispetto ad altri?
La superficialità di tanti ha fatto sì che ci si fermasse all’aspetto umoristico della produzione di Guareschi, che, intendiamoci, è straordinario, ma per cogliere l’aspetto della fede, secondo me, intanto bisognava averla, la fede, e alla sua luce capire quanta ce n’è nelle pagine di Guareschi.

Da quali opere traspare maggiormente la fede di Guareschi?
E’ nell’esperienza della prigionia nei lager nazisti che si manifesta il credo cristiano-cattolico di Guareschi, affidato a pagine profonde che egli andava a leggere ai commilitoni internati per aiutarli a sopravvivere. Era cristiano nel non disperare e continuava a esserlo nell’aiutare il suo prossimo. Pagine di fede, di speranza, e il fatto di aiutare i compagni di sventura è prova del suo spirito di carità. Ecco, allora che nell’esperienza del lager si manifestano in Guareschi le virtù teologali. La favola di Natale, Diario clandestino, Ritorno alla base, Il grande diario comprendono quelle tali pagine “religiose”. Poi, è ovvio che la fede di Guareschi traspaia nei racconti all’insegna del “Mondo piccolo”, con Don Camillo, Peppone, e il Cristo che parla.

Dai dialoghi fra Don Camillo e il crocefisso dell’altare maggiore possiamo farci un’idea di come Guareschi intendesse il suo personale rapporto con Dio?
La voce del Cristo rappresenta la coscienza cristiana dello scrittore della Bassa; ed essendo una coscienza cristiana, è scontato che quel che dice il Cristo sia sempre… a norma di Vangelo. Guareschi crede nelle verità della fede; crede nella Chiesa e nel Papa. Il suo rapporto con il Signore è un rapporto di abbandono alla Sua provvidenza, e questo è anche ben testimoniato in alcune lettere scritte dal carcere di San Francesco (1954) alla moglie, che si possano leggere in Chi sogna nuovi gerani?, autobiografia dell’autore costruita dai figli Alberto e Carlotta attraverso suoi scritti.

Guardando all’impegno di Guareschi in politica, in quali principi e valori si concretizzò la sua fede? E fu capace di mantenersi coerente a quei principi e valori?
Guareschi fu l’uomo delle scelte di coscienza, e non di convenienza. Testimoniava quel che credeva, si batteva per le sue idee, per le quali pagò, anche con il carcere (italiano), dopo avere sperimentato il lager nazista. Era uomo che scriveva quello che pensava e non ingannò mai i suoi lettori. Onesto, sincero, schiena dritta. Era un liberale, in senso lato. Non a caso, su Candido, il settimanale della Rizzoli che dirigeva e del quale era uno straordinario animatore, più volte si riferì all’insegnamento di don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, esule per antifascismo e, di ritorno in patria nel 1946, acerrimo nemico dello statalismo, del dirigismo, del materialismo, del comunismo.

E’ vero che a Papa Giovanni XXIII non sarebbe dispiaciuto se Guareschi avesse curato un catechismo più “moderno”?
Su questa vicenda ci sono testimonianze di un collaboratore di Guareschi: Giorgio Pillon, capo della redazione romana di Candido, che era in contatto con don Giovanni Rossi, il fondatore della Pro Civitate Christiana di Assisi, a sua volta in stretto rapporto con Angelo Roncalli, già molto tempo prima che questi diventasse Papa Giovanni XXIII. Roncalli, nunzio apostolico a Parigi alla fine degli anni Quaranta del Novecento, del resto, aveva fatto omaggio al presidente Auriol di una copia del Don Camillo, libro che teneva assai caro, e l’ipotesi di affidare a Guareschi la stesura di un catechismo per l’uomo moderno non appare peregrina.