Fuori la politica dalla Sanità: lo Stato garantisca il diritto alla salute per tutti

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13 febbr – ( di Giampaolo Diaspri, Dirigente medico dell’Ausl di Bologna)
La Sanità è un  argomento completamente assente, così come la Scuola, e tutto ciò che riguarda da vicino i cittadini, dalla campagna elettorale dei grandi partiti.

In questo articolo toccherò solo alcuni dei punti di cui sarebbe opportuno discutere,  la complessità dell’argomento non permette una trattazione completa. Inoltre utilizzerò un approccio semplice, non tecnicistico, in modo che anche i non addetti possano avvicinarsi al problema.

Gia’ nel Decreto 30 Dicembre 1992 n.502-517 e nelle Riforme seguenti, in particolar modo nella Riforma Bindi, e confermato nell’ultimo Decreto Balduzzi, è previsto che la Politica entri direttamente nella gestione complessiva della Sanità. Assessori regionali che scelgono i Direttori generali della Ausl (senza un vero meccanismo meritocratico), i quali a loro volta nominano i Direttori sanitari ed amministrativi. Gli stessi Direttori generali nominano in modo insindacabile i Direttori di Unità operativa (i vecchi Primari) e tutte le funzioni dirigenziali.

In tal modo la politica decide tutte le nomine e gli incarichi determinando un meccanismo clientelare. Ancora più grave e che tutto ciò determina la sparizione della “meritocrazia” e “dell’eccellenza” parole che fanno venire i pruriti alla politica che ha gestito il nostro Paese negli ultimi 30 anni.

I giovani medici o le altre figure professionali sanitarie sanno benissimo che per aspirare ad una certa carriera sarà necessario avere in tasca una tessera politica o sindacale. Può un Direttore generale nominare la Dirigenza visto che di solito resta in carica 3-4 anni nella stessa Ausl per poi passare ad altro incarico, normalmente più prestigioso, e non rispondere di quello che ha fatto?

Il risultato di tutto ciò è sotto gli occhi di tutti, Regioni con buchi di bilancio mostruosi (vedi il caso del Lazio) che hanno poi determinato un aumento di tassazione regionale a carico dei cittadini.

Ricordo che questo avviene in un Paese nel quale il costo del personale sanitario (32,2% della spesa totale) è il più basso d’Europa.

Pazienti che vagano negli ospedali in attesa di un posto letto o che attendono mesi per eseguire un esame (le cosiddette liste d’attesa, metodo privilegiato in alcune Regioni, per il controllo della spesa), pazienti che per avere una risposta ai loro bisogni di Salute devono, non scelgono,  recarsi  in altre Regioni con profondi disagi e spese.

Il Ministro Balduzzi, un tecnico,  parla ancora di taglio dei posti letto negli ospedali periferici, non si è accorto che il concetto di posto letto è ormai superato, che il paziente non è un oggetto o un bullone che si può “produrre-curare”  dove è più conveniente o si pensa sia più conveniente da un punto di vista economico e vuole  concentrare la produzione in mega-strutture ospedaliere cittadine, che non rispettano la centralità della persona e la territorialità.

E’ giusto concentrare in grandi Centri la Specialistica (es. Cardiochirurgia, Trauma center, ecc) ma è anche opportuno  mantenere, visto che l’Italia è un paese di paesi, distanti a volte ore dalle grandi città, i presidi ospedalieri periferici all’interno dei quali trovare una risposta adeguata ai bisogni sanitari di carattere generale (medicina generale, chirurgia generale, pediatria, radiologia, laboratorio  e pronto soccorso). Tali presidi devono essere messi in grado di dare risposte ai bisogni di salute dei cittadini in modo sovrapponibile a chi vive nelle città.

Tutti paghiamo le stesse tasse (non poche) e tutti abbiamo il diritto alla Salute. Così come deve essere superato il concetto della “reperibilità” ( un servizio che prevede di essere disponibili in ospedale entro 20 minuti dalla chiamata telefonica) del personale sanitario, previsto nel Contratto sanitario da molti anni e che doveva avere un aspetto transitorio. Se è necessario il personale deve essere presente in tempo reale all’interno dell’ospedale per poter dare al paziente la migliore e più veloce prestazione richiesta.

Questo non è un “costo” ma deve essere visto come una risorsa in termini di qualità del servizio offerto, a fronte di una riduzione drastica degli sprechi soprattutto presenti nell’edilizia sanitaria e nelle spese per beni e servizi.

Altro aspetto di grande utilità è il debito complessivo sanitario che è arrivato a 53 miliardi di euro nel 2010. Nella composizione del debito calcolato al netto delle partite debitorie infraregionali, le passività verso i fornitori costituiscono nettamente la voce di maggior peso toccando nel 2010 i 35,6 miliardi di euro, pari al 67,2% del debito totale. Tale criticità determina un allungamento, anche anni, di pagamento dei fornitori, con un aumento ulteriore del debito per mora automatica e contenziosi aperti con le imprese creditrici, per cui imprese sane falliscono perché creditrici nei confronti dello Stato!

Indispensabile è avviare un percorso per la definizione dei cosiddetti “costi standard”, una siringa non può costare 10 volte in più in alcune regioni rispetto ad altre!

Questi pochi esempi  evidenziano come i più deboli tra i cittadini si trovino a combattere in una giungla dalla quale molte volte non si vede la luce, mentre i più ricchi si affidano sempre più spesso alla Sanità privata, determinando una disparità di trattamento insopportabile dal punto di vista sociale.

Per tale ragione è indispensabile, pur mantenendo la Sanità un servizio pubblico, affidare la gestione ad imprenditori privati. Lo Stato deve dare gli indirizzi di carattere generale ed “elevarsi” a severo controllore affinché i servizi rispettino il miglior standard ai costi più contenuti.

E’ necessario accelerare le sperimentazioni, scarse ma già in corso, di cogestione pubblico-privato e valutarne i risultati.

Una trattazione completa dei problemi della Sanità dovrebbe prendere in considerazione molti aspetti, la gestione delle malattie croniche,  la medicina territoriale, la formazione del personale sanitario, la ricerca e l’innovazione, l’informatizzazione, il risk management, la deburocratizzazione, la prevenzione, ecc, dei quali parlerò in prossimi articoli.

La Sanità  italiana è considerata ai primi posti mondiali come performance, ritengo sia secondario alla grande professionalità ed abnegazione di servizio ancora presente in molti operatori sanitari, è peraltro indispensabile, se vogliamo mantenere questo livello,  una Riforma Sanitaria che metta al centro la persona (il paziente, i parenti e tutto il personale sanitario) e non i partiti o i sindacati, la prevenzione e non gli interessi corporativi, la salute come bene primario.

In ultimo vorrei presentarmi, sono un Dirigente medico dell’Ausl di Bologna, fino ad oggi non mi sono mai impegnato in politica e non ho mai avuto una tessera di partito o di sindacato.

Ritengo però che oggi sia indispensabile che ognuno di noi dia il proprio piccolo apporto per ridare una speranza ai nostri figli. Per tale ragione mi sono candidato alla Camera in Emilia-Romagna n.4 con “Io Amo l’Italia” e spero riusciremo  a parlare e convincere molti italiani.

di Giampaolo Diaspri    ioamolitalia