18 ago. (Labitalia) – Continuano i danni alle colture agricole italiane causati da branchi di cinghiali. Difficile fare una stima economica dei disastri causati anche se regioni come la Toscana, Umbria e Marche, negli ultimi anni, hanno registrato milioni di euro di danni, il più delle volte non risarciti. E a farne le spese sono soprattutto gli agricoltori che vedono distrutte intere coltivazioni, senza potere fare niente.
“Quello dei cinghiali – dice a Labitalia Stefano Masini responsabile Ambiente e Territorio Coldiretti – è un disagio sopportato da centinaia di agricoltori, soprattutto del centro Italia. Problemi gestionali e ripopolamenti impropri sono tra le cause principali di questo fenomeno“.
“La perdita economica – spiega – è enorme, tuttavia non si riesce a dare una cifra ben definita, anche perchè una volta accertato il danno gli agricoltori non lo denunciano; lungaggini burocratiche di fatto ne impediscono il risarcimento in breve tempo”.
La Pubblica amministrazione – suggerisce Masini – deve mettere in campo una serie di soluzioni, dai piani straordinari di controllo, per garantire la selezione e il prelievo degli animali in soprannumero, all’accelerazione delle procedure di rimborso dei danni, coordinando in maniera più efficace i diversi enti che sovrintendono alla gestione del territorio”.
“Tuttavia – rimarca il responsabile Ambiente e Territorio Coldiretti – ci sono due interessi opposti: da una parte gli ambientalisti che spinti da una sorta di stress ideologico impediscono un controllo serio del fenomeno, dall’altro c’è il cosiddetto corporativismo dei cacciatori contrari a forme di collaborazione finalizzata ad una gestione positiva dei cinghiali”.
“In alcune zone – riferisce poi Masini – si assiste ad un ulteriore aggravio dei danni da quei cinghiali che presentano un peso doppio rispetto al normale, a causa di incroci che hanno mutato la specie a livello morfologico”.